SIAMO ESSERI UMANI NON PATATE O MELONI

Lo sciopero dei braccianti rappresenta un ulteriore passo in avanti verso il diritto alla regolarizzazione dei lavoratori, fortemente richiesta in questi giorni proprio dalla ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova. In effetti il governo tratta i braccianti come la merce che raccolgono senza alcuna tutela. Seguiranno altre proteste con inevitabili risvolti negativi sulla filiera di mercato.

Hanno lasciato simbolicamente la verdura davanti ai cancelli di molte prefetture italiane. Lo slogan dei braccianti, in sciopero contro le misure previste dal decreto Rilancio, è chiaro: “…Noi non siamo la frutta che raccogliamo, ma persone…”.

La mobilitazione, coordinata dal sindacalista dell’Usb Aboubakar Soumahoro, ha visto la partecipazione, fra gli altri, del movimento delle Sardine. Lo sciopero dei braccianti rappresenta un ulteriore passo in avanti verso il diritto alla regolarizzazione dei lavoratori, fortemente richiesta in questi giorni proprio dalla ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova. In realtà, Aboubakar Soumahoro, si è mostrato molto severo con l’operato del governo, descrivendolo inefficace e a tratti estremamente tendenzioso:

Aboubakar Soumahoro

“…In questi giorni è stato diffuso un messaggio sbagliato – ha dichiarato il sindacalista davanti alla Prefettura di Foggia – cioè che nelle campagne c’è poca manodopera. Hanno detto che la frutta e la verdura rischiano di marcire perché non vi sono abbastanza braccia per raccoglierle. Questo è falso. Il governo con questo nuovo decreto ha indirettamente dichiarato che la vita dei braccianti equivale a quella degli asparagi o dei pomodori. Per poter accedere alla regolarizzazione l’esecutivo pretende che i braccianti abbiano un rapporto di lavoro pregresso o un permesso di soggiorno scaduto. Ma chi non ha mai avuto nulla di tutto questo? Diventa forse un fantasma? Non ci facciamo illusioni, le attuali normative servono a soddisfare le leggi di mercato non per aiutare gli irregolari. Bisognerebbe prendere esempio dai medici. Loro, in questi mesi, hanno salvato migliaia di persone senza farsi inibire dal colore della pelle dei pazienti o dalle facoltà economiche dei malati. Questo che stiamo subendo è cinismo disumano. La verità è che siamo abbandonati nelle campagne, siamo spettri sociali del nuovo millennio. Abbiamo visto ministri piangere e impuntarsi per i nostri diritti ma la realtà è che noi per il governo siamo solo braccia, non esseri umani. Chi piange per noi probabilmente non è mai stato a Gioia Tauro o Catanzaro o in Oltrepo pavese. Girare le imprese agricole è un conto, rapportarsi ai “dannati della terra” è un altro. Quella che stiamo vivendo oggi è la razzializzazione, ovvero una situazione simile all’apartheid che ci porta a una progressiva ghettizzazione…”.

Il caporalato colpisce in tutta Italia

Parole dure che in pochi minuti hanno mostrato quanto le distanze tra i bisogni dei braccianti e i proclami governativi siano profonde. Le ultime norme del decreto Rilancio, infatti, non sembrano sufficientemente incisive per porre un decisivo freno al caporalato. Nello specifico, le strade predisposte dall’artico 103 del decreto governativo, prevedono due percorsi alternativi. Nel primo, la regolarizzazione dei lavoratori stranieri costerà ai datori di lavoro 500 euro per ogni dipendente e bisognerà presentare la documentazione tra il 1° giugno e il 15 luglio 2020. Da questa sanatoria, per ovvie ragioni, sono esclusi i datori di lavoro che si sono macchiati di reati quali favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia o dall’Italia verso altri Stati, e ancora intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Nel secondo caso, qualora non si possa procedere alla regolarizzazione, i cittadini stranieri con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019 possono richiederne uno temporaneo valido per 6 mesi dalla data di presentazione dell’istanza. Se trascorsi i sei mesi il cittadino esibirà un contratto di lavoro subordinato o i documenti che provano lo svolgimento dell’attività, il documento di permanenza in Italia verrà convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Il contributo per la procedura, in questo caso, è pari a 130 euro. Queste due alternative non sono piaciute ad Aboubakar Soumahoro, che, sempre megafono alla mano, non le manda a dire:

“…Il provvedimento governativo di fatto riservata la regolarizzazione solo a chi effettua un lavoro diretto nei campi. In tale maniera si escludono i diritti alla malattia e alla maternità, che dovrebbero essere proprio di ogni persona. Questa norma è stata pensata per salvare la frutta e la verdura, noi per noi. Hanno usato la pandemia per creare permessi di soggiorno temporanei convertibili in contratti di lavoro. Ma non si può parlare di regolarizzazione, perché quella avrebbe dovuto coinvolgere tutti gli immigrati non regolari: da chi lavora nei campi a chi lava i piatti nei ristoranti, fino a chi si spacca la schiena nei cantieri. Inoltre il governo ha stabilito che si può richiedere il permesso di soggiorno in questura solo se si è già munito di uno scaduto non prima del 31 ottobre 2019. Sulla base di quale verità scientifica hanno deciso di escludere chi ne ha uno scaduto il 30 ottobre 2019? La verità è non c’è stata l’audacia e il coraggio di andare contro il decreto sicurezza, che in realtà, crea soltanto insicurezza. Hanno preferito subordinare il permesso di soggiorno al contratto di lavoro. Il vero dramma dei braccianti e di tutti i lavoratori e la legge Bossi-Fini. Per questo motivo riteniamo che a partire da oggi la stagione di raccolta sarà caratterizzata da altri scioperi. Non ci fermeremo fino a quando non cambieranno le cose…”.

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