Approvata con 243 sì e 109 no. Ora serve l’ultimo via libera del Senato, poi referendum nella primavera 2026.
Roma – La Camera ha dato il via libera definitivo alla riforma costituzionale sulla separazione delle carriere della magistratura, approvandola in terza lettura con 243 voti favorevoli e 109 contrari. Il provvedimento, bandiera del governo Meloni e del ministro della Giustizia Nordio, ha raggiunto la maggioranza assoluta necessaria per proseguire l’iter, ma non quella dei due terzi che avrebbe evitato il referendum confermativo.
Il voto si è concluso tra le tensioni, con una bagarre scoppiata dopo che alcuni membri del governo hanno applaudito l’esito. La capogruppo del Pd Chiara Braga ha criticato aspramente il comportamento dell’esecutivo, scatenando la protesta delle opposizioni che si sono avvicinate ai banchi governativi. Il presidente di turno Sergio Costa ha dovuto sospendere brevemente la seduta per riportare la calma.
La riforma prevede una profonda trasformazione dell’assetto giudiziario italiano. L’attuale magistratura rimarrà “un ordine autonomo e indipendente”, ma sarà composta da due carriere distinte: quella giudicante per i giudici e quella requirente per i pubblici ministeri. Al posto dell’attuale Consiglio Superiore della Magistratura nasceranno due organi separati, entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica.
I componenti dei due nuovi Csm non saranno più eletti ma estratti a sorte: un terzo sarà formato da membri laici sorteggiati da elenchi parlamentari, due terzi da togati sorteggiati tra tutti i magistrati con i requisiti stabiliti da una legge ordinaria. Il mandato durerà quattro anni senza possibilità di partecipare al sorteggio successivo.
La riforma istituisce inoltre un’Alta Corte Disciplinare composta da 15 membri per sostituire l’attuale Sezione disciplinare del Csm. Sarà formata da 3 membri nominati dal Presidente della Repubblica, 3 estratti da elenchi parlamentari di giuristi, 6 sorteggiati tra i magistrati giudicanti e 3 tra quelli requirenti, tutti con almeno vent’anni di servizio ed esperienza in Cassazione. Le sentenze disciplinari saranno appellabili solo davanti alla stessa Corte in composizione diversa, senza ricorso in Cassazione.
Il provvedimento passa ora al Senato per l’approvazione definitiva, che non potrà avvenire prima del 22 ottobre per rispettare l’intervallo costituzionale di tre mesi. Il sottosegretario Francesco Paolo Sisto auspica il via libera prima della sessione di bilancio. Successivamente, se richiesto da un quinto dei parlamentari, cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali, si terrà il referendum confermativo, presumibilmente nella primavera 2026.
Le opposizioni si preparano alla battaglia referendaria. “Continueremo a batterci perché al referendum prevalgano i no alla vostra arroganza”, ha dichiarato la segretaria del Pd Elly Schlein, mentre dal M5s Alfonso Colucci annuncia: “Troverete noi nelle piazze, con la gente, nelle università, nei convegni, per spiegare le ragioni del no”. Anche Avs promette mobilitazione con Elisabetta Piccolotti che afferma: “Saranno i cittadini a difendere la Costituzione”.