Se parli a mani libere ti becchi una multa

Sembra che non si possa più usare la modalità “in viva voce” poichè costituirebbe una violazione alla privacy. In Francia e Regno Unito fioccano i verbali, da noi poco ci manca.

Il “vivavoce” è violazione della privacy. Sarà capitato ad ognuno di noi, in qualsiasi luogo, pubblico o privato, in treno, in metropolitana o bus, ma anche tra le mura domestiche, di sentire quel fastidioso vociare del “vivavoce”, così urticante che viene la voglia di lanciare dalla finestra il device tecnologico. Tranquillità mai. Si vive nel continuo ronzio di voci, suoni, frastuoni, video e musica a tutto volume!

Nel linguaggio tecnico per “in viva voce” si intende quel sistema di altoparlante integrato nei telefoni, Bluetooth per auto, o altri dispositivi che permettono di parlare/ascoltare a mani libere ovvero senza appoggiare il device all’orecchio. Pare che le autorità, rispondendo alle richieste di tanti cittadini comuni che vorrebbero andare a lavorare la mattina in un minimo di tranquillità, perché già oberati dal traffico cittadino, abbiano intenzione di vietare queste modalità.

Scorrendo le pagine web, una notizia è rimbalzata agli onori della cronaca. Nella stazione ferroviaria di Nantes, in Francia, un uomo è stato multato dalle ferrovie francesi per una videochiamata ad alto volume senza auricolari. Il fenomeno non riguarda solo i cugini d’oltre Alpi. Anche nel Regno Unito, la compagnia ferroviaria nazionale ha lanciato una campagna nazionale contro i suoni molesti dei device tecnologici. Tutto ciò che è privato diventa di dominio pubblico, da problematiche familiari a compravendite immobiliari, dal gossip lavorativo agli appuntamenti serali o per il week end.

Se qualcuno palesa il desiderio di leggere un libro mentre viaggia, cosa assai rara nel dominio assoluto della tecnologia, è impossibilitato a farlo considerati i vorticosi suoni che lo annientano. Alcuni hanno sostenuto che il fenomeno si è diffuso dopo la pandemia. Ancora lei, la maledetta arpia! Dall’anno funesto della sua presenza, il 2020, il lockdown a cui siamo stati costretti a sottostare per sconfiggere il perfido virus, l’uso dei servizi streaming e smartphone si sono incrementati del 50%, causando una sorta di dipendenza e assuefazione.

Occhio al vivavoce, si rischierà una multa anche da noi per violazione alla privacy?

Forse si è capovolto il rapporto pubblico/privato. Il desiderio di libertà, di spazi aperti si sono accentuati in quei mesi di isolamento, ma la costrizione di restare chiuso in casa ha alimentato l’individualismo che già serpeggiava nella società. E’ la dimensione del collettivo che si è incrinata. L’aria, essenziale per la vita di tutti gli esseri viventi, non è e non può essere uno spazio privato, appartiene al pubblico, come lo spazio fisico. Inondarla di suoni, rumori, fruscii, come orde barbariche, è una violazione della privacy sociale.

E non sono solo i giovani ad avere un simile comportamento, anche gli adulti fanno la loro parte. Ma si tratta di considerazioni che durano “l’espace d’un matin“, perché in continuo divenire, così come è in rapida trasformazione la società. Tuttavia, bisogna tenere conte dell’inquinamento acustico e degli effetti deleteri sulla salute fisica e mentale, come sostiene l’Agenzia europea per l’ambiente.

Le città, continuano ad essere caotiche e rumorose e ci si è talmente abituati a questa condizione che il silenzio ci spaventa, ci fa andare in paranoia. Non siamo più abituati all’ascolto del silenzio, che mette in relazione con sé stessi, col proprio io più profondo. Si è disorientati nella impari lotta tra esso e il fragore in cui si è immersi!