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“Se non sei sul web non esisti”: ma senza competenze la sovraesposizione digitale rischia di essere un boomerang

Bambini e ragazzi trascorrono sempre più tempo collegati online e il primo smartphone arriva prestissimo. Ma non basta essere connessi h 24 per partecipare alla “rivoluzione”.

Roma – In occasione della giornata mondiale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, celebrata lo scorso 20 novembre, l’Organizzazione Non Governativa (ONG) Save the Children ha divulgato la XIV edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia dall’eloquente titolo “Tempi digitali”. Il focus centrale dello studio è stato l’utilizzo di “smartphone” da parte di ragazzi e bambini è sempre più diffuso come lo è l’impreparazione per usarli con sicurezza. Com’è noto Save the Children nacque per promuovere e tutelare l’infanzia e l’adolescenza ed è in possesso dello status consultivo presso il Consiglio economico e sociale dell’ONU. Secondo i dati a disposizione risulta che il 78,3% dei bambini compresi nella fascia d’età 11-13 anni maneggia lo smathphone tutti i giorni.

L’età in cui viene regalato il primo dispositivo si abbassa sempre di più ed è compresa tra i 6 ed i 10 anni. Si è passati dal 18% nell’uso continuo e quotidiano prima della pandemia al 30% adesso. Numeri che dovrebbero rappresentare un campanello d’allarme per le istituzioni e per la società civile. La metà del campione rappresentativo dello studio ha dichiarato di trascorrere almeno cinque ore al giorno a smanettare online, mentre solo tre anni fa era il 30%. Mentre chi va a verificare quello che accade online più di dieci volte al giorno, ha raggiunto la percentuale del 37%.

Ancora una volta, vengono messe in risalto le conseguenze di essere troppi esposti al digitale e dell’uso complessivo dei social media, diventati per i minori una sorta di rifugio virtuale. Inoltre, un altro dato allarmante è costituito dal timore di essere esclusi dal contesto online. Si afferma con ferocia, arroganza e prepotenza assoluta l’irriducibilità, l’irrimediabilità della rete. Se non si è sulla rete, non si esiste, è come essere cancellati. La stessa sensazione che vive chi è sprovvisto delle giuste competenze per navigare nel web. Su questo punto, dallo studio è emerso che per quanto riguarda le competenze digitali nella fascia d’età 16-19 anni, l’Italia occupa la quart’ultima posizione in Europa. Infatti i giovanissimi con bassa o nessuna competenza digitale raggiungono il 42%, mentre la media europea è del 32%.

Al contrario chi si dimostra adeguato è solo un italiano su quattro. In Francia sono il 50% ed in Spagna il 47%, solo per citare due Stati più all’avanguardia. Urge, quindi, rimboccarsi le maniche per offrire una formazione accurata ai giovani su questo tema. Solo così sarebbero in grado di stare al passo della rivoluzione digitale in atto. Se consideriamo che il Belpaese è molto lontano da una vera e propria transizione digitale, ci rende conto che una formazione ad hoc è un pia illusione. Infatti, ci troviamo al 18esimo posto su 27 stati membri dell’Unione Europea (UE) nella classifica per la digitalizzazione dell’economia e della società.

Pur essendo cresciute le famiglie che dispongono di internet ad alta velocità, passate dall’8% del 2016 al 52% odierno, siamo ancora molto indietro rispetto all’Europa. Secondo gli autori dell’Atlante, c’è bisogno di una politica che miri a contrastare la povertà educativa digitale, in modo da limitare le diseguaglianza in atto. Altrimenti si rischia di produrre una moltitudine di esclusi da tutto. Un esercito di sbandati, senza arte né parte, che vagano in una sorta di terra di nessuno.

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