La sentenza di primo grado ha lasciato basiti il marito, i genitori ed i parenti della vittima. L’omicidio, che presenta ancora qualche lato oscuro, sarebbe stato compiuto per non rendere nota una relazione extraconiugale che, di contro, pare fosse già di dominio pubblico.
FIUMICINO – Condannato a 17 anni e 9 mesi l’assassino di Maria Tanina Momilia, la commessa di 39 anni ritrovata cadavere alla foce del Tevere il 7 ottobre 2018. Il pubblico ministero aveva chiesto l’ergastolo con diverse aggravanti quali la crudeltà oltre all’occultamento del cadavere. Il tribunale capitolino, invece, ha riconosciuto ad Andrea De Filippis, personal trainer di 58 anni, reo confesso, tutte le attenuanti generiche oltre allo sconto di pena pari ad un terzo per aver optato per il rito abbreviato. Questa la sentenza di primo grado che lascia basiti il marito, i genitori ed i parenti della vittima.
Il fatto di sangue si era consumato la mattina del 7 ottobre del 2018 all’interno della palestra ASD Ginnastica di via Martinengo 46, a Fiumicino, dove Maria Tanina avrebbe dovuto incontrare il suo carnefice per ripetere una lezione di karate. I due pare fossero amanti nonostante la donna fosse sposata con Daniele Scarpati di 43 anni, cameriere in un locale della zona balneare. La relazione andava avanti da mesi con alti e bassi e con non poche scenate di gelosia da parte di Tanina Momilia che, probabilmente, si era invaghita davvero dell’aitante maestro di arti marziali che, di contro, pare non mostrasse particolare propensione per quella relazione clandestina che gli incominciava a pesare.
L’istruttore di karate ed ex poliziotto, dopo essersi costituito, aveva confessato l’omicidio dichiarando di aver ammazzato Maria Tanina per timore che il loro rapporto extraconiugale diventasse di dominio pubblico:”…Ho ucciso Tanina perché minacciava di sbandierare ai quattro venti la nostra tresca – aveva riferito De Filippis agli inquirenti – l’ho ammazzata in palestra dopo averle spiegato il perché dovevamo troncare la relazione. Lei non ne voleva sapere e avrebbe detto tutto a Stefania, la mia compagna… Non ci ho visto più e l’ho colpita… Sono pronto ad assumermi le responsabilità, ho fatto tutto da solo. Ho ucciso e nascosto il corpo, volevo che non lo ritrovasse nessuno…”. Colpita con un pesante bilanciere la donna stramazzava sul tappeto in un lago di sangue ma Maria Momilia non era ancora morta. L’ex ispettore, a questo punto, tentava di soffocare la donna con un sacchetto di cellophane.
La vittima spirava pochi istanti dopo e un’ora più tardi il suo cadavere
sarebbe stato scaraventato all’interno del canale di gronda di via Castagnevizza di Isola Sacra, alla periferia sud di Fiumicino. In serata il corpo senza vita di Maria Tanina veniva ritrovato da due operai addetti alla manutenzione:”…E’ una sentenza che lascia totalmente insoddisfatta la famiglia di Tanina – aggiunge Annamaria Anselmi, avvocato di parte civile – come si fa, ci chiediamo, a non dare l’aggravante della crudeltà? La donna non è morta subito ma dopo lungo tempo per asfissia, come confermato dal medico legale. Aveva la mandibola rotta, lo zigomo, i denti, era ferita a un orecchio, perdeva sangue ed è morta soffocata dallo stesso flusso. Per di più buttata nel bagagliaio di una macchina… Aspetteremo le motivazioni della sentenza, ma davvero non capiamo come si possa non parlare di crudeltà…”.
L’accusa aveva chiesto che De Filippis fosse giudicato per omicidio volontario premeditato ma così non è stato. L’avvocato Cristian Milita ha sempre negato la premeditazione affermando che l’omicidio sarebbe scaturito da un raptus improvviso di rabbia tale da connotarlo nei cosiddetti delitti d’impeto le cui pene sono meno pesanti. Il pubblico ministero, com’è probabile, ricorrerà in Appello ma questo si vedrà nei prossimi giorni:”…Sono state dette tante infamità e bugie – aveva affermato il marito della vittima, Daniele Scarpati – mia moglie, in quel periodo, era un po’ troppo irruenta e nervosa. Forse ha usato parole fuori luogo ma questo non giustifica quanto accaduto. Non c’era nessuna relazione fra i due ed io sapevo tutto di lei. Ci scrivevamo messaggi ogni cinque minuti e ci sentivamo per telefono ogni mezz’ora… Quando quel maledetto giorno non l’ho più sentita né ho letto un suo messaggio ho compreso che qualcosa di brutto doveva esserle accaduto…”.