Quando si sale in auto dopo aver fatto uso di sostanze stupefacenti si sa perfettamente a che cosa si va incontro. Norme più severe e considerazione delle aggravanti quali l'uso di alcol, di droga e di entrambe le sostanze eccitanti.
Scicli – “…In 3 minuti Martina è stata uccisa una seconda volta…”. Lucia e Pino non si danno pace, non vogliono accettare la sentenza del giudice che, all’uomo che ha investito e ucciso la loro figlia, ha inflitto una pena di 4 anni e 6 mesi. Era la notte tra il 14 e il 15 luglio 2019 quando Martina Aprile, 25 anni, aveva appena terminato il suo turno di lavoro in un ristorante di Cava d’Aliga, frazione rivierasca di Scicli, nel ragusano. Le rimaneva l’ultimo compito: gettare la spazzatura, poi sarebbe tornata a casa. Martina si era incamminata, con un collega, verso i bidoni dell’immondizia sistemati lungo una strada provinciale, a qualche centinaio di metri di distanza dal ristorante. La ragazza spingeva il carrello che conteneva i sacchi di spazzatura verso i cassonetti. Erano all’incirca le 12.30 quando una “Lancia Ypsilon”, veloce come un proiettile, piombava sulla ragazza travolgendola e trascinandola sull’asfalto per una decina di metri. Quando sul posto arrivavano gli operatori del 118 per la povera Martina non c’era più nulla da fare. Alla guida dell’auto impazzita c’era Carmelo Ferraro, 36 anni, con qualche piccolo precedente di polizia alle spalle. Trasferito in ospedale e sottoposto alle analisi il giovane risultava positivo a cocaina e metadone. Prima di salire in auto, indubbiamente, aveva assunto stupefacenti. Il 34enne veniva arrestato con l’accusa di omicidio stradale aggravato e posto ai domiciliari. Di questa storia è incredibile l’analogia con quella dei cuginetti Simone e Alessio D’Antonio, travolti e uccisi da Saro Greco solo 4 giorni prima, a Vittoria, solo pochi chilometri da Scicli. L’attenzione mediatica e delle istituzioni, in quei giorni, era tutta rivolta ai due cuginetti, la morte di Martina dunque passava quasi sottotono, almeno per la politica: i ministri e i maggiori rappresentanti dei partiti di governo e dell’opposizione sono venuti in Sicilia per far visita ai genitori delle due piccole vittime. Nessuno di loro, però, si è sentito in dovere di dare una parola di conforto ai genitori della povera Martina martoriati dal dolore. Un dolore immenso per una giovane vita spezzata da un balordo che ha deciso di mettersi alla guida dopo l’assunzione di droghe dunque ben sapendo a quale rischio si esponeva. E a quale pericolo potesse esporre gli altri. Poi l’epilogo alla velocità di 90 all’ora in una strada dove il limite massimo è di 30 orari. Per la vittima non c’è stato scampo.
Martina era una ragazza bella e solare, amava la vita e il suo figlioletto, che oggi ha 5 anni, e che non rivedrà più la sua mamma. Martina Aprile era una “ragazza madre”. Se lavorava fino a notte fonda, lo faceva per garantire le migliori terapie al suo tesoro affetto da una grave forma di disabilità.
Sul fronte processuale, Carmelo Ferraro ha richiesto il patteggiamento e il 23 giugno il giudice del Tribunale di Ragusa, Ivano Infarinato, ha accolto la sua richiesta condannando il giovane a 4 anni e 6 mesi di reclusione. I suoi avvocati hanno già presentato istanza per la riammissione in libertà.
“…Tre minuti, tanto è durata la lettura della sentenza – dice Lucia, la mamma di Martina – nemmeno ho compreso le parole del giudice, addirittura avevo capito che l’udienza fosse stata rinviata. Quando ho realizzato ciò che è accaduto, sono stata assalita dalla rabbia, la vita di una ragazza non può valere 4 anni e sei mesi, tra l’altro ai domiciliari. Sono delusa, non so cos’altro aggiungere…”.
Come accaduto per i cuginetti Alessio e Simone, anche Martina è stata vittima di una legge sbagliata alla quale da tempo la politica promette emendamenti e modifiche che poi, di fatto, si risolvono in una bolla di sapone. È per questo motivo che il legale della famiglia Aprile, avvocato Gisella Scollo, dopo la sentenza, ha deciso di scrivere al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede per fare presente il caso e chiedere la riforma della normativa sull’omicidio stradale di cui all’articolo 589 con codice penale.
“…L’andamento attuale della giustizia italiana in materia, con l’applicazione di pene bassissime – afferma l’avvocato Scollo – lascia passare un pericoloso messaggio e cioè: posso uccidere tranquillamente un essere umano, perché mi sono messo in macchina in stato di ebbrezza o perché ho assunto sostanze stupefacenti, tanto non mi accadrà nulla o comunque me la cavo con una pena minima…”.
Nelle tragedie sulle strade non sempre c’è il dolo ma quando si sale in auto dopo aver fatto uso di sostanze stupefacenti si sa perfettamente a che cosa si va incontro. Legge più severa e considerazione delle aggravanti quali l’uso di alcol, di droga e di entrambe le sostanze eccitanti.