SCANDALO NELLA CANTIERISTICA NAVALE. EVASIONE FISCALE E CONTRIBUTIVA. NEI GUAI GROSSE SOCIETÀ’ DEL COMPARTO.

L’inchiesta ha visto il coinvolto 16 società con sede nelle Marche, Campania, Puglia, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia e Veneto, con 416 operai alle dipendenze, di cui 146 impiegati nel capoluogo dorico.

I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Ancona hanno portato a termine un’articolata indagine durata più di un anno nel settore dei subappalti per la cantieristica navale. L’inchiesta ha visto il coinvolgimento di sedici società con sede nelle Marche, Campania, Puglia, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia e Veneto, con 416 operai alle dipendenze, di cui 146 impiegati nel capoluogo dorico. Tutte le imprese, gestite da amministratori sia italiani che bengalesi, lavoravano all’interno dello stabilimento della più importante società di costruzioni navali di Ancona, che al momento risultata essere estranea ai fatti.

L’obiettivo dei criminali era quello di realizzare plurimi illeciti contributivi e fiscali, a danno sia dei dipendenti delle sedici società coinvolte che dello stato, per abbattere artificiosamente il reale costo del lavoro, in modo da poter offrire prezzi ribassati e fuori mercato all’importante società di costruzioni navali. Il fine era quello di ottenere l’aggiudicazione degli appalti, creando così anche un ingente danno alle imprese che agivano nel rispetto delle regole di mercato, le quali si trovavano così ad essere estromesse dagli affidamenti.

“…In alcuni casi – spiegano dal Comando Generale delle Fiamme Gialle -, c’era l’imposizione, da parte del caporale, ai lavoratori di “restituire” in contanti parte della retribuzione come fosse un vero e proprio “pizzo”. In particolare, nell’ambito di una perquisizione domiciliare in Marghera (VE), presso l’abitazione del suddetto caporale bengalese, sono stati rinvenuti e sequestrati oltre 40.000 euro in contanti, alcuni contenuti in buste recanti la dicitura “da parte del lavoratore per il boss”. Nello stesso ambito, sono state analizzate decine di operazioni sospette ai fini valutari, costituite da spedizioni di denaro all’estero, prevalentemente in Bangladesh, mediante servizi di “money transfer” effettuate da parte di soggetti alle dipendenze del citato caporale…”

Gli “alloggi” dei dipendenti

Lo stato di bisogno di lavoratori in cui versavano i lavoratori, alcuni dei quali alloggiati in condizioni di forte degrado abitativo, faceva sì che i caporali si potessero approfittare facilmente dei dipendenti, spesso, costretti a lavorare “sottopagati” per ottenere un contratto di lavoro indispensabile per il rinnovo del permesso di soggiorno. I lavoratori venivano pagati tramite la cosiddetta “paga globale”, ossia di una paga oraria imposta arbitrariamente dal datore di lavoro al di fuori dei limiti previsti dai contratti collettivi nazionali, e priva di tutte le indennità accessorie della retribuzione, quali il pagamento delle assenze per malattia, delle ferie, della tredicesima e del T.F.R.

In base a quanto emerge dalle indagini degli inquirenti, una società con sede in provincia di Taranto ha impiegato per oltre quattro anni numerosi operai in attività notturne di molatura degli scafi navali senza corrispondere alcuna indennità, conseguendo un indebito risparmio per oltre 160.000 euro. Il tutto sulle spalle dei dipendenti.

Per riuscire nell’intento, i criminali, attuavano un meticoloso piano che si sviluppava tramite: “…L’adozione di artifici contabili – continuano le Fiamme Gialle – atti ad abbassare illecitamente l’importo delle buste paga e quindi il correlato carico fiscale e previdenziale, quali: il sistematico “sotto-inquadramento” dei lavoratori, con la conseguente corresponsione della paga sindacale minima; la produzione di false lettere di contestazione per assenze ingiustificate in realtà mai avvenute, redatte per giustificare ulteriori indebite decurtazioni dalle buste paga dei lavoratori; la corresponsione di emolumenti sotto forma di rimborsi per trasferte, in realtà non effettuate, in quanto non imponibili ai fini contributivi, con conseguente frode aggravata ai danni dell’INPS per 390.000 euro…”

Sulla base degli elementi acquisiti nel corso delle indagini sul conto di tre soggetti, P.F. di anni 34, P.E. di anni 61 e P.G. di anni 37, ovvero i gestori di una società con sede legale a Taranto ma operante esclusivamente in Ancona presso il predetto cantiere navale, la Procura della Repubblica di Ancona ha disposto il sequestro di disponibilità finanziarie sui conti correnti oltre che beni immobili fino alla concorrenza di circa 350.000 euro.

Gli operai durante il turno

La complessa attività operativa si è conclusa con la denuncia alla Procura della Repubblica di Ancona di diciannove persone di cui sei caporali, per svariati reati, tra cui “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”, che nella forma aggravata è punibile con la reclusione fino a 12 anni, truffa aggravata ai danni dell’I.N.P.S., frode fiscale mediante utilizzo di false fatture e indebita compensazione dei tributi e omessa vigilanza sanitaria dei dipendenti.

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