Sapeva che la bambina poteva morire

Le indagini ancora in corso chiariranno i tanti perchè che gravano su questo terribile infanticidio che ci ricorda l’orrore della morte di Loris Stival e di Elena Del Pozzo, i due bambini strappati alla vita per mano di madri assassine. La donna rimane in stato di detenzione perchè socialmente pericolosa.

Milano – Che cosa possa passare per la testa di una madre che per andare a divertirsi lascia la figlia di 18 mesi da sola, per sei lunghi giorni, facendola morire di stenti sfugge alla comprensione umana. Eppure è successo, a Milano, nei giorni scorsi. Alessia Pifferi, incensurata di 37 anni, è in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato da futili motivi e dalla premeditazione.

Alessia Pifferi

Ritenuta dai magistrati inquirenti socialmente pericolosa, la donna rimane in carcere per timore che possa reiterare la medesima tipologia di reato. Alessia avrebbe lasciato la bimba da sola, per andare dal compagno, che non è il padre della piccola vittima. Quando è tornata a casa, il 20 luglio scorso, dopo un’assenza di sei giorni, la bimba era già morta.

Accanto al corpicino della povera Diana, che si trovava in un lettino da campeggio, c’erano un biberon e una boccettina di sedativo a base di benzodiazepina mezza vuota. Gli agenti della Squadra Mobile e della Scientifica, dopo il primo sopralluogo, hanno capito subito che c’erano diverse incongruenze nel racconto della madre della vittima tanto da disporne immediatamente l’interrogatorio.

La 37enne è apparsa lucida, presente e distaccata. Nessun rimorso. Gli inquirenti hanno riferito che non ha mai pianto e che al momento dell’arresto ha detto di essere una buona madre, di non essere una delinquente e di essersi sempre comportata bene con la figlioletta. La Pifferi, che avrebbe lasciato da sola la figlia altre volte, soprattutto nei fine settimana, ha raccontato che prima di andarsene avrebbe lavato la bimba, cambiato il pannolino lasciando un biberon con il latte a lato del lettino.

La casa della tragedia in via Parea

Tutto per inseguire l’ennesimo sogno d’amore. L’ennesimo fidanzato dopo il padre naturale della povera Diana, che neppure sapeva di aver avuto una figlia, e dopo un ex compagno. Un uomo al quale avrebbe detto che la bimba era al mare con la zia e con il quale ha trascorso i giorni dell’assenza, passando anche da Milano per accompagnarlo ad alcuni appuntamenti di lavoro, senza mai andare a casa dalla bambina.

Durante l’interrogatorio di garanzia la donna pare abbia ammesso di essere consapevole delle possibili conseguenze di un periodo di abbandono così lungo: “…Sapevo che poteva andare cosìLei era un peso, volevo riprendermi la mia libertà…”. Sul corpo della bimba non sono state trovate tracce di violenza ma l’averla abbandonata al suo destino e senza assistenza non è di per sé un atto di violenza?

La bambina, a causa dell’età, era assolutamente incapace di provvedere alle proprie necessità. Diana era una piccola vita che avrebbe dovuto essere vista come un dono dal cielo per la madre, invece, era solo un peso, un ostacolo alle proprie chimere.

Nessuno l’ha sentita piangere perché probabilmente addormentata con i sedativi che possono avere avuto un ruolo decisivo nel decesso dell’infante. In attesa che l’autopsia disposta dalla Procura chiarisca le cause dell’exitus rimangono mille interrogativi.

Uno tra tutti: possibile che nessuno, fra congiunti e parenti ma anche tra amici e conoscenti, si sia accorto dello stato mentale di Alessia? Nemmeno la mamma, che non vive a Milano, o la sorella? I vicini di casa che oggi l’accusano non sapevano nulla? Nessuno ha segnalato la situazione di questa madre single ai servizi sociali affinché potessero prenderla in carico e provvedere a sistemare la bimba in un contesto più sicuro o sotto vigilanza. Niente di niente.

Veronica Panarello

Eppure qualche segnale che denotasse sofferenza psicologica, bipolarità, l’essere “madre a intermittenza“ ci sarà stato ma possibile che nessuno se ne sia accorto? Le madri sono sempre a tempo pieno. Non è possibile staccare la spina quando più ci fa più comodo. Le cronache di giornali e tv altre volte ci hanno riportato sovente notizie di madri snaturate che nel compiere l’omicidio dei propri figli hanno sempre addotto una qualche motivazione o l’ipotesi di una vendetta.

La tragica vicenda ci ricorda, molto da vicino, quelle di Veronica Panarello, la madre degenere condannata per la morte del figlio Loris Stival, e Martina Patti accusata di aver ucciso a coltellate la figlioletta Elena. Tre storie orrende che sembrano estrapolate dallo stesso copione.

Martina Patti

Stavolta, però, c’è qualcosa in più che fa rabbrividire. Una madre che abbandona una bimba ben sapendo di condannarla a morte. E poi l’orrore di tutta la miseria umana e quei palloncini bianchi che qualcuno ha lasciato davanti al cancello di quella casa di via Parea, in zona Mecenate, che è diventata la tomba della piccola Diana. Un angioletto la cui unica colpa é stata quella di nascere nel posto sbagliato.

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