Sanità a testa in giù: italiani all’estero, in corsia infermieri stranieri

Ugl Salute denuncia la contraddizione: “Chi rimane deve dividersi tra il lavoro e il tutoraggio ai nuovi arrivati”.

Roma – “Che l’Italia sia da sempre terra di fragorosi paradossi è risaputo ma quello che sta accadendo nella nostra sanità sembra un copione della commedia dell’assurdo. Si ricorre all’assunzione, attraverso società interinali che mediano il servizio, di infermieri stranieri mentre i giovani operatori italiani varcano le frontiere per accettare offerte economiche e condizioni di lavoro migliori. L’ultimo caso arriva dalla Norvegia dove abbiamo conosciuto, attraverso interviste, la nuova e miglior vita di Giulia di Ferrara e di Michele di Sassari gratificati da stipendi impensabili in Italia, da turni di lavoro consoni e dalla massima sicurezza del luogo in cui svolgono la loro professione”.

“Che, ricordiamolo, è stata plasmata in Italia con costi di formazione nelle nostre università che così non verranno mai più ammortizzati” spiega Gianluca Giuliano, Segretario Nazionale della UGL Salute. “E mentre i professionisti italiani guardano con sempre maggiore attenzione alla possibilità di emigrare – prosegue il sindacalista – si palesano da noi le criticità nell’ utilizzo di medici ed infermieri stranieri. Il loro inserimento, per quanto riguarda comprensione della lingua e protocolli da seguire, non è automatico come qualche inguaribile ottimista poteva pensare. Così, già in sotto numero per la cronica carenza degli organici, molti operatori italiani devono dividersi tra espletamento della professione e il tutoraggio dei nuovi arrivati, sottraendo tempo ed energia ad un’assistenza già ridotta al lumicino.

Giuliano, segretario Ugl: “Avvicinare gli stipendi alla media europea”

Non è certo colpa dei professionisti stranieri, ma di una sanità dove le soluzioni tampone e l’assenza di programmazione sono all’ordine del giorno, producendo solo l’allargamento della falla del nostro SSN. I corsi di laurea in professioni sanitarie sono snobbati dai giovani, tanti operatori italiani preferiscono guardare all’estero e si profila un futuro dove ai pensionamenti di chi oggi è in organico non si potrà far fronte. Il baratro è ad un passo e se non si interverrà con soluzioni immediate che passino dal livellamento verso l’alto, in linea con la media Europea, degli emolumenti a garanzie di sicurezza sui luoghi di lavoro, la grande fuga non conoscerà sosta. Insomma, il rischio della desertificazione della sanità è alle porte” conclude Giuliano.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa