ROMA – RISOLVERE IL NODO DELLE RESIDENZE ALL’ESTERO PER COLPA DEL VIRUS

L'Italia si sta allineando al resto dei Paesi europei seppur con ritardo. Anche da questo punto di vista, solo apparentemente marginale, la situazione ha creato non poche difficoltà a migliaia di persone e nuclei familiari.

Roma – La residenza dei cittadini italiani residenti all’estero ma trattenuti in Italia a causa dell’emergenza COVID-19 non avrà ripercussioni sullo status dei soggetti ai fini fiscali. Lo afferma il Governo in risposta ad una interrogazione parlamentare di Italia Viva.

I deputati ponevano il problema delle misure restrittive imposte dall’emergenza pandemica sulla libertà di circolazione che hanno costretto molte persone a trattenersi in un Paese diverso da quello in cui normalmente vivono con possibile pesante impatto sulla determinazione della residenza fiscale.

Com’è noto infatti l’articolo 2, comma 2 del TUIR, recita testualmente: “Si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile”.

I predetti requisiti sono tra loro alternativi per cui, ai fini della verifica della residenza fiscale, risulta sufficiente la sussistenza di uno solo di essi. Però tutti i requisiti devono coincidere con l’elemento temporale, infatti le situazioni giuridiche delineate devono perdurare per un periodo non inferiore a 183 giorni all’anno, 184 giorni in caso di anno bisestile.

Si ricorda, peraltro, che l’OCSE, il 3 aprile 2020, ha invitato le amministrazioni e le autorità competenti a considerare la circostanza eccezionale, dovuta al Covid-19, per prevedere periodi più idonei nella valutazione dello stato di residenza. Viene sottolineato, nell’interrogazione parlamentare, che alcuni Paesi tra cui il Regno Unito, Irlanda e l’Australia, si sono già adoperati in tal senso.

Nell’occasione veniva chiesto un pronunciamento anche del Governo Italiano affinché recepisca tali misure eccezionali rinviando al 2021 l’applicazione della regola secondo la quale risulta acquisita la residenza fiscale in Italia, una volta trascorsi 183 giorni nel Bel Paese.

Nella risposta del Governo, dopo i richiami alla normativa vigente e alle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia, si ricorda che “nei casi in cui una persona fisica sia considerata residente di entrambi gli Stati contraenti, ai sensi delle rispettive normative, apposite disposizioni individuano i criteri dirimenti per stabilire la residenza della persona”.

Tali regole prendono in considerazione, nell’ordine, i criteri della disponibilità di un’abitazione permanente, il centro degli interessi vitali, il luogo in cui il soggetto soggiorna abitualmente e la nazionalità. Inoltre viene affermato che in sede di partecipazione ai lavori OCSE, l’Italia ha espresso al Segretariato parere favorevole alla pubblicazione di linee guida sulla questione in esame.

Massimo Ungaro di Italia Viva: è sua l’interrogazione parlamentare sulle residenze fiscali

Certamente per non appesantire ulteriormente la situazione dei singoli soggetti che, oltre a patire le conseguenze sanitarie, potrebbero avere difficoltà di carattere amministrativo, è consigliabile procedere con buon senso. A tal proposito ricordiamo che sono stati già conclusi accordi, ad esempio, sulle retribuzioni dei lavoratori frontalieri che svolgono l’attività lavorativa in modalità agile, con l’Austria, in vigore dal 27 giugno 2020, con la Francia, vigente dal 24 luglio 2020, e con la Svizzera, in vigore dal 20 giugno 2020.

Comunque gli uffici dell’amministrazione finanziaria affermano di assicurare “la trattazione di procedure amichevoli con le autorità dei Paesi interessati, ove siano rilevati casi di difficoltà o dubbi inerenti all’interpretazione o all’applicazione di specifiche disposizioni, contenute nelle Convenzioni sulle doppie imposizioni, in considerazione dell’emergenza sanitaria ancora in corso”.

Lavoratori frontalieri

L’affermazione sembra rassicurante e ci si augura non sia solo assertiva, ma è evidente che l’applicazione pratica sulla base di semplici criteri interpretativi, derivanti dalle Convenzioni con Paesi diversi e da parte di uffici diversi, potrebbe portare comunque a qualche difficoltà. E non da poco. 

 

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