Rossana era stata l’unica giornalista a convincere Mario Moretti, capo delle Brigate rosse, a parlare in un’intervista del caso Moro.
Roma – Rossana Rossanda è morta a Roma nella notte dello scorso 20 settembre. Aveva 96 anni tutti trascorsi a sinistra della barricata. È stata giornalista, scrittrice, intellettuale, femminista e dirigente del PCI negli anni ’50 e ’60. Palmiro Togliatti l’aveva nominata responsabile della politica culturale del Pci ed è stata deputato dal ’63 al 68. A dare la notizia della sua morte è stata la redazione de Il Manifesto il quotidiano da lei fondato nel 1969, dopo la radiazione dal partito comunista accusata di frazionismo per aver criticato lo Stalinismo e il socialismo dopo l’invasione di Praga avendo compreso, prima di tanti altri, il lato oscuro della Russia.
Nel partito aveva militato sin da giovanissima, era stata giovane partigiana e aveva fatto la Resistenza con i nome di “Miranda”. Rossana era tornata a Roma da due anni, dopo una lunga permanenza a Parigi dove si era trasferita per seguire l’amore della sua vita K.S.Karol, ebreo polacco scampato all’orrore nazista, divenuto il suo compagno dopo la separazione dal marito.
La molla per tornare in Italia era scattata per la voglia di combattere, dopo la nascita del governo gialloverde, con Matteo Salvini divenuto l’uomo predominante nella politica italiana. A giudizio di alcuni e nonostante i risultati elettorali. Rossana era nata a Pola, in Istria, nel 1924 ma era cresciuta a Milano dove si era diplomata al liceo classico Manzoni.
All’università era stata allieva dell’intellettuale antifascista Antonio Banfi e qualche anno dopo la laurea, conseguita nel ‘46, ne aveva sposato il figlio Rodolfo. Rossana che non ha mai smesso di essere comunista e dissidente, oltre che direttrice, è stata la firma di punta del giornale da lei fondato. Nel 1978, in pieno sequestro Moro, è stata autrice di un discusso articolo che cercava di comprendere la logica brigatista: “…Chiunque sia stato comunista negli anni ’50 riconosce di colpo il nuovo linguaggio delle Br. Sembra di sfogliare un album di famiglia: ci sono tutti gli ingredienti che ci vennero propinati nei corsi Stalin e Zdanov di felice memoria…”.
Ne era scaturita una polemica feroce che le aveva fatto piovere addosso tantissime critiche. Dalle colonne dell’Unità Emanuele Macaluso le aveva mosso l’accusa di “confusione e distorsione impressionanti”. Rossana, di contro, era stata l’unica giornalista a convincere Mario Moretti, capo delle Br, a parlare in un’intervista del caso Moro. Donna di rara cultura e integrità morale, ha sempre rifiutato di conformarsi e scendere a compromessi preferendo la dissidenza e non chinare mai il capo, né durante il fascismo né dopo.
“La ragazza del secolo scorso”, come si era autodefinita nel suo libro autobiografico del 2005 che ha ottenuto un grande successo di pubblico e critica sfiorando persino la vittoria del Premio Strega, Miranda è stata un figura di spicco del ‘900 e memoria storica del Bel Paese nel dopoguerra. Era nostro dovere, e piacere, ricordarla.
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