Che fine hanno fatto gli immigrati? Non se ne parla più, Non occupano più le prime pagine dei giornali. Eppure sembravano un problema fondamentale per la nostra società, di cui liberarci a sentire certe teste d’uovo della politica nostrana. Sono ancora qui? Per quanto ancora?
Roma – Da quando è esplosa la famigerata pandemia con tutti i lutti che ha provocato e relative limitazioni delle libertà individuali e collettive volte alla tutela della salute pubblica, ci siamo trovati tutti catapultati sul fronte per combattere un nemico invisibile perciò più infido di quelli conosciuti, armati di mascherine, guanti ed attenzione, per chi l’adotta, alla distanza sociale. Mancano solo le pinne, fucile ed occhiali e si può far finta di andare a pesca subacquea. Scherzi a parte da quando è iniziata la lotta contro il Covid 19 sembra che gli immigrati, annoso problema delle moderne società, siano assenti dal dibattito pubblico e dal chiacchiericcio giornalistico. Dove sono, che fine hanno fatto? Vuoi vedere che sotto sotto il maledetto virus sia… capitato a fagiolo, risolvendo la questione una volta per tutte? Neanche “Chi l’ha visto?”, la famosa trasmissione di Rai3 dedicata alle persone scomparse per una serie di svariati motivi dal radar dei propri affetti e del contesto sociale, è riuscita a trovarne traccia! La questione migratoria è passata in secondo piano per una serie di motivi, tra cui il fatto che l’informazione mainstream ha azzannato, come iene fameliche, solo i fatti relativi al Covid 19, i soli meritevoli di notiziabilità, come dicono gli esperti del settore!
Eppure gli immigrati “sono ancora vivi, vegeti non direi, e lottano con noi”. A tal proposito, la fondazione ISMU che dal 1993 compie ricerche proponendo soluzioni ed interventi sulla multietnicità e immigrazione, ci ha informato che la crisi pandemica ha avuto conseguenze sull’attivazione del diritto d’asilo. Al punto che la Commissione Europea e l’UNHCR (l’Alto Commissario dell’ONU per i Rifugiati, agenzia specializzata nella loro gestione, fornendo protezione internazionale ed assistenza materiale) hanno fornito indicazioni per assicurare il diritto d’asilo anche nell’emergenza sanitaria. Con l’emergenza in atto molti Stati hanno comunicato alla Commissione Europea il ripristino del controllo alle frontiere per meglio tutelare la salute pubblica.
La Commissione ha raccomandato ai Paesi aderenti al trattato di Shengen e associati di adottare e coordinare le decisioni allo scopo di applicare misure di restrizione temporanea per un periodo iniziale di 30 giorni, prorogato poi fino al 15 giugno scorso. E’ un provvedimento che ha sollevato numerose questioni giuridiche relative alle restrizioni dell’accoglienza, dei presupposti e le modalità attuative.
A parere dell’UNHCR misure come gli screening sanitari alle frontiere e l’applicazione della quarantena possono essere giustificati da esigenze di tutela della salute pubblica, ma l’impedimento dell’ammissione dei rifugiati e/o richiedenti asilo potrebbe essere discriminatorio ed in contrasto con gli standard internazionali in quanto “il respingimento non può essere giustificato da alcun rischio per la salute”.
Questo in estrema sintesi è “lo stato dell’arte” al momento. C’è da dire, infine, che si inizia a sentire la mancanza di immigrati nella cura domiciliare delle persone anziane e di manodopera stagionale, soprattutto proveniente dall’est Europa, per la raccolta di frutta e verdura, settori importanti e decisivi per la nostra economia e per i lavoratori ivi impiegati. Per non parlare di quei poveri cristi, soprattutto africani, lasciati abbandonati e ammassati in quelle squallide bidonville nei pressi di campi per la raccolta di pomodori ed altri tipi di ortaggi e di frutta alle periferie di zone abitate. Si pensi alla Calabria o la zona del casertano in Campania, ma l’obbrobrio è esteso un po’ dappertutto, ormai.
Allora che fine hanno fatto o faranno? Che risposte ha da offrire la politica, in primis Lega e Destra in testa che della lotta agli immigrati hanno fatto il loro leit motive preferito? Lo slogan “prima gli italiani“ si è dimostrato proprio vincente, non c’è che dire! A parte il pessimo gusto ma ha portato pure sfiga. E, come si sa, se la dea bendata in quanto tale è cieca, la sfiga invece ci vede benissimo: “Gli italiani sono stati, sì i primi, ma ad essere colpiti, ahimè, dal virus”, dopo i cinesi. Che tacessero in quanto portano iella! E contro di essa c’è poco da fare, tanto che il grande principe della risata Antonio de Curtis, in arte Totò, noto per le sue scaramanzie, raccomandava di ridurre al minimo i contatti col… menagramo di turno: “a volte anche una stretta di mano può essere pericolo!” Pussa via… A maggior ragione ora che la mano non possiamo tenderla per evitare contatti pericolosi per l’ignoto pandemico sempre in agguato.