Quanto riferito dall'ex magistrato è solo la punta dell'iceberg di un sistema indubbiamente malato di cui molti, oltre Luca Palamara, hanno beneficiato.
Roma – Il 19 settembre 2020, dopo due ore e mezza di camera di consiglio, la sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura ha accolto la richiesta della Procura generale della Cassazione: Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione magistrati (Anm), già consigliere del Consiglio superiore della magistratura (Csm) e leader incontrastato di Unicost (Unità per la Costituzione) è stato spogliato della sua toga.
Radiato dall’ordine giudiziario. La difesa aveva chiesto l’assoluzione o solo due anni di sospensione in attesa del processo di Perugia. L’ex magistrato è accusato di avere manipolato, per interessi personali, la nomina del procuratore di Roma e di essere l’artefice di una strategia di discredito a danno del procuratore aggiunto Paolo Ielo. Insomma un torbido giro di accordi, scambi di favori e regali di lusso tra più magistrati per concordare a tavolino i nomi dei vertici di diverse importanti Procure, circa una decina.
I vertici della Procura capitolina, per esempio, pare fossero stati “messi all’asta” durante una riunione notturna il 9 maggio 2019 all’hotel Champagne alla quale parteciparono cinque ex togati del Csm e i deputati Luca Lotti e Cosimo Ferri. Gravissime accuse confermate da registrazioni telefoniche ottenute grazie ad un trojan, installato lo scorso maggio nello smartphone di Palamara, che hanno provocato più uno scossone all’interno del Csm. Anzi un vero e proprio terremoto se solo si pensa alla eccellente carriera di Palamara e agli altissimi meriti riconosciutigli.
Per anni dunque sarebbe stato lui ”il regista” di nomine e promozioni, in particolare tra il 2014 e il 2018, quando sedeva appunto tra gli scranni del Csm. Effettivamente il Csm ha il compito, non indifferente, di collocare i centinaia di alti funzionari degli uffici giudiziari che la riforma del governo Renzi ha spedito in pensione con due anni di anticipo. Ma per diventare Procuratore della Repubblica l’appartenenza a una delle tre correnti interne sembra imprescindibile.
Un po’ come avviene in Parlamento le toghe si dividono fra la corrente di destra MI (Magistratura Indipendente), la corrente di sinistra Area, quella moderata di Unicost (Unità per la Costituzione), Autonomia e Indipendenza di Piercamillo Davigo. Un ginepraio intricato di interessi che sembrano ben lontani dalla meritocrazia ma non da una certa politica con cui fare comunella stretta.
Infatti tra le numerose intercettazioni raccolte dalla Procura di Perugia, ne sarebbe emersa una che riguarderebbe un colloquio in chat del 2018 tra Nicola Zingaretti e l’ex magistrato, dalla quale trapela un’amicizia di lunga data e un appuntamento a Palazzo Montemartini, lussuoso hotel a pochi passi da Piazza Indipendenza. Non si sa che cosa si siano detti i due eppure, a distanza di poco tempo, l’indagine che riguardava il presidente della Regione Lazio e l’imprenditore Fabrizio Centofanti, per un presunto finanziamento illecito, sarebbe stata archiviata.
E sempre nella chat, che andrebbe avanti fino al maggio 2019, Zingaretti parla con Palamara della sua intenzione di presentargli Nicola Tasco, nuovo commissario dell’istituto regionale di Studi Giuridici del Lazio “Arturo Carlo Jemolo“, dove poi Palamara verrà nominato membro del Comitato scientifico:
“…Un sodalizio ambiguo, una frequentazione che va assolutamente chiarita – dice il consigliere regionale Pasquale Ciacciarelli della Lega – anche alla luce di incarichi assegnati e ricoperti negli anni scorsi…”. A queste parole risponde l’ex magistrato con toni forti:
“…Sono consapevole di aver pagato per tutti – aggiunge Palamara – ricorrerò alle sezioni unite della Cassazione ed alla Corte europea dei Diritti dell’uomo ma soprattutto porterò nel cuore la toga… Il sistema delle correnti non l’ho inventato io, domina la magistratura da circa 50 anni e ha avuto sostenitori e forti critici all’interno della stessa magistratura. Indubbiamente ha penalizzato i non iscritti alle correnti anche sul versante delle nomine…”.
Poco dopo, durante un intervento in diretta su Radio Radicale, lo stesso Palamara ha annunciato che il momento delle rivelazioni è imminente. E non si è trattenuto nemmeno davanti ai microfoni del programma “Le Iene”, dove ha confermato il meccanismo con cui avvenivano le nomine. L’ex leader di Unicost ha poi puntualizzato che l’allarme lanciato da Silvio Berlusconi sulla politicizzazione della magistratura non era infondato. Un allarme che richiede un serio momento di riflessione sulla storia politico-giudiziaria del Paese:
”…Io non sono mai stato contro qualcuno nella mia carriera, mai – ha aggiunto Luca Palamara – e questo lo dico per tranquillità dei cittadini, io non sono stato un magistrato politicizzato, al di là di quello che può emergere dalle chat, ma ho cercato sempre di battermi per l’affermazione di una giustizia giusta…”.
Davanti al tribunale di Perugia l’ex giudice particolarmente “antipatico” a Cossiga, vuoterà il sacco su altri incontri, accordi e trattative sfuggiti al trojan e, in quel preciso momento, da Nord a Sud, più di qualche toga in servizio o in quiescenza non dormirà sonni tranquilli. Palamara era dunque l’unica pecora nera di un sistema dove regnavano purissimi esempi di etica e morale? Difficile crederlo quando il sistema stesso si prestava a certe macchinazioni.
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