L'unica salvezza è il ritorno alla periferia. A quel piccolo borgo fuori porta dove il vicino di casa conta ancora qualcosa e se sbagli rischi un ceffone o la querela. L'élite ha distrutto il cittadino
Roma – I cittadini e la casta: un rapporto distruttivo in trent’anni di forzata convivenza che sta arrivando al divorzio, con probabile lancio di stoviglie. È stata una bella gara di appiattimento sui disvalori tra politica e società, però si sa la responsabilità è sempre di chi conduce.
Chi ha un ruolo istituzionale dovrebbe essere un tantino migliore del cittadino medio. Invece la parabola dell’élite non ha fondo: una caduta di stile, incompetenza, arroganza, egoismi, trame in danno anche del proprio partito, che è sempre peggiore dei cittadini considerati “coatti”.
Questa rincorsa è arrivata al traguardo. Un muro senza sbocco. Siamo approdati dopo un trentennio alla distruzione di ogni identità e ruolo che sorreggeva la società, la politica e la famiglia. Si salvano poche sacche sociali, i piccoli centri, le comunità locali dove conta più il vicino e se sbagli rischi un ceffone o una querela. La comunità locale è viva perché si nutre di relazioni, mentre la città è morta perché vige l’isolamento, la solitudine rancorosa, la paura di quell’estraneo della porta accanto.
Oggi nessun personaggio pubblico ha un riconoscimento di guida carismatica, nemmeno il Papa e tantomeno il Presidente della Repubblica. Figuriamoci i leader del governo o dell’opposizione. I sondaggi sono falsati. È un indice di sgradimento. Chi è meno sgradito. La fiducia è scomparsa. Ora si raccolgono i risultati del tradimento di trent’anni di casta.
Nessun politico è riuscito a portare a termine un progetto sociale costruttivo. Trame politiche hanno portato a consegnare l’Italia alla finanza speculativa, a cancellare i diritti al lavoro, alla salute, alla pensione, all’istruzione. Lo Stato sociale e la Costituzione sono stati fatti a pezzi. Ci mancava il Covid a congelare ogni speranza di rinnovamento.
Il traguardo è che oggi stiamo perdendo anche la speranza di un semplice cambiamento civico con richieste minime. Ponti che non crollino, servizi pubblici e sociali anche appena sufficienti, stipendi e pensioni che consentano di vivere e non di questuare allo Stato la sopravvivenza.
Da otto milioni di italiani in povertà conclamata, si sta passando ai quindici in ingresso. Tutte le professioni sono arrabbiate, deluse, impoverite, maltrattate. Il medico, l’avvocato, il giornalista, il disoccupato, sono sempre più accomunati in un unico fronte di proletarizzazione e fragilità che fa collassare ogni struttura sociale. Questa è la realtà. Esplosiva o implosiva.
Mentre la casta veleggia sul jet set, la popolazione sprofonda, nel vuoto di idee, soluzioni, programmi. È un momento storico straordinario, sono caduti tutti i miti del progresso, della politica, dell’economia e della globalizzazione. Come al solito spetta alla bistrattata famiglia, rimboccarsi le maniche, nel silenzio assordante della politica.
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