Gli ultimi sondaggi danno i conservatori non solo indietro di 20 punti rispetto ai laburisti ma addirittura dietro a Reform Uk.
Londra – Domani, 4 luglio, gli elettori del Regno Unito sono chiamati alle urne per quella che i sondaggi da mesi descrivono come una vittoria a valanga dei laburisti, dopo 14 anni di governo dei Tories. Tanto che Rishi Sunak, primo ministro dell’ottobre del 2022 – ultimo dei cinque premier conservatori che si sono succeduti a Downing Street dall’approvazione della Brexit nel 2016 – ha fatto una campagna elettorale principalmente tesa ad esortare a non dare al Labour di Keir Starmer “l’assegno in bianco” che riceverebbe da una super maggioranza ai Comuni.
Ma la misura della portata della sconfitta a cui sembra ineluttabilmente andare incontro Sunak viene data dal fatto che gli ultimi sondaggi danno i conservatori non solo indietro di 20 punti rispetto ai laburisti – il 18% contro il 38% – ma anche indietro, secondo alcuni rilevamenti, rispetto a Reform Uk, il nuovo volto, sempre populista e di estrema destra, del Brexit Party di Nigel Farage. Non è stato breve, né casuale il cammino che ha portato a questo punto il 61enne Starmer che già due anni prima di assumere, nell’aprile del 2020, la guida del partito dopo le dimissioni del leader di sinistra Jeremy Corbyn seguite ai disastrosi risultati delle elezioni del 2019, teneva regolari incontri segreti, ogni lunedì, con amici fidati e collaboratori per discutere come cambiare il Labour.
Come leader del Labour Starmer ha promesso a elettori e leader di industria e mondo degli affari britannici una gestione affidabile della spesa pubblica e la ripresa della crescita economica. Escluso anche l’aumento delle aliquote delle tasse – tranne l’imposizione dell’Iva sulle rette delle scuole private e l’eliminazione dei “loophole” in favore di fondi e società energetiche – a fronte di stabilità economica e un miglioramento dei servizi pubblici, in particolare il servizio sanitario rendendo disponibili 40mila appuntamenti alla settimana per ridurre le liste d’attesa.
Il programma laburista prevede anche l’assunzione di 6500 nuovi insegnanti e l’apertura altri 3mila nidi, la creazione di una società energetica di proprietà pubblica, Great British Energy, con la promessa di ridurre le bollette. Inoltre vengono promessi 650mila nuovi posti di lavoro nelle industrie green. Sul fronte dell’immigrazione, Starmer promette di abolire la legge dei conservatori per la deportazione dei richiedenti asilo in Ruanda, ma al contempo si impegna a combattere le reti per l’ingresso di migranti clandestini. Gli esperti fiscali, riporta il Financial Times, spiegano che qualunque sarà il partito che vincerà le elezioni dovrà scegliere tra l’aumento delle tasse o il taglio della spesa pubblica per affrontare i gravi problemi di deficit del Paese.
I Tories si presentano all’appuntamento elettorale con alle spalle 14 anni di governo segnato di tensioni e caos, in un Regno Unito post Brexit segnato da disoccupazione in aumento, pensioni bloccate, diminuzione del potere d’acquisto dei salari e un netto deterioramento dei servizi pubblici. Senza contare i costi e le complicazioni dell’uscita dalla Ue che nel 2016 la maggioranza dei britannici aveva votato anche perché convinta, dai fautori della Brexit, tra i quali esponenti Tories come Boris Johnson, che questa avrebbe invece migliorato la qualità della loro vita.