La vicenda, assai controversa, potrebbe essere ad un passo dalla verità: il bambino di Racale venduto ad una facoltosa famiglia di notabili arabi senza figli?
Racale – Erano circa le 17.30 del 21 giugno 1977 quando il piccolo Mauro Romano, 6 anni, veniva visto per l’ultima volta giocare spensierato nei pressi dell’abitazione dei nonni materni a Racale, in provincia di Lecce.
I genitori erano andati a Poggiomarino, in provincia di Napoli, per assistere ai funerali del nonno paterno e al loro ritorno, il 22 giugno, si sono ritrovati a fronteggiare una realtà che nessun genitore avrebbe mai voluto conoscere.
Le autorità di polizia informavano Bianca e Natale (Gianni per gli amici), genitori di quattro figli, che del loro Mauro si era persa ogni traccia.
Gli inquirenti escludono da subito il rapimento a scopo di estorsione, all’epoca molto diffuso, in quanto quella dei Romano è una famiglia semplice, che trascorre le giornate tra lavoro e la Sala del Regno dei Testimoni di Geova di Racale. Infatti si affidano alla preghiera, sperando in una telefonata che possa risvegliarli da quel brutto incubo.
E un giorno il telefono squilla. Dall’altra parte c’è un uomo che chiede un riscatto di 30 milioni di lire. La polizia riesce a risalire alla sua identità e dopo l’arresto l’uomo verrà processato e condannato per estorsione aggravata ma Mauro, purtroppo, sembra inghiottito nel nulla.
Un lume di speranza per questi poveri genitori si accende quando un sottufficiale dei carabinieri della stazione di Taviano, in provincia di Lecce, trova un tampone di garza contenente narcotico in una casa di Castelforte, piccola frazione del paese, riconducibile al bambino e alla sua triste vicenda.
Le indagini si intensificano attorno a quell’unico elemento che, però, non è sufficiente per scovare una pista valida. Bianca e Natale sprofondano nella più cupa disperazione.
La vicenda resta sospesa nel silenzio più assordante. I giorni diventano mesi e poi anni finché nel 1998 qualcosa rimescola le carte in tavola.
Un confratello della famiglia Romano, che un tempo frequentava la loro casa, si decide a raccontare che il piccolo Mauro sarebbe stato portato via da Castelforte, dove vivevano i nonni, da due uomini che lo avrebbero caricato su un’auto bianca per poi sparire per sempre.
Per un attimo la soluzione del caso sembra vicina, ma è solo un’altra illusione: il testimone, davanti agli inquirenti, ritratta tutto e i coniugi Romano, secondo i dettami della Congregazione dei Testimoni di Geova, non possono denunciarlo. Ma quando nel 2010 scoprono che l’uomo non è più un seguace di Geova, scelgono di sporgere denuncia.
Neanche le testimonianze dei bambini che stavano giocando con Mauro quel maledetto pomeriggio, tra le 17 e le 17.30, riescono a fornire alcun indizio. Nel 2012 l’indagine viene archiviata.
Sette anni dopo la polizia inizia ad indagare su un caso di pedopornografia che coinvolge 18 bambini.
Tra gli indagati spicca il nome di quell’uomo che anni addietro aveva cercato di estorcere denaro a quei poveri genitori straziati dal dolore.
Sempre nel 2019 vengono ritrovate diverse piccole ossa vicino all’abitazione dei nonni dove Mauro giocava a nascondino il giorno della scomparsa. Mamma e papà Romano chiedono la riapertura del caso.
Le indagini ora vertono su un ex barbiere di 79 anni, Vittorio Romanelli, un vecchio amico di famiglia che Mauro chiamava ”zio” e che ora è indagato con l’accusa di sequestro di persona.
La Procura di Lecce ipotizza che sia stato proprio lui a far salire il bimbo sulla sua Apecar con la menzogna di portarlo nella sua casa estiva per giocare con il figlio.
Nel frattempo i Romano hanno annunciato l’intenzione di avviare nei confronti dell’uomo un’azione civile per ottenere un risarcimento dei danni, da loro quantificati in due milioni e mezzo di euro.
Durante le indagini Bianca guarda casualmente le foto dello sceicco Mohammed Al Habtoor, figlio del magnate degli Emirati Arabi Uniti Khalaf Al Habtoor e riconosce il suo bambino.
Non solo l’età anagrafica coincide, ma anche le due cicatrici dell’uomo, una sul sopracciglio sinistro e l’altra sulla mano destra. Quest’ultima Mauro se l’era procurata con un ferro da stiro.
Inoltre, sempre attorno a Romanelli, ruoterebbe la cosiddetta ”pista orientale” in quanto, come segnalato da una donna ai carabinieri qualche tempo fa, durante una cena l’ex barbiere si lasciò scappare che il bambino vivesse in un Paese straniero.
Lo sceicco è davvero quel bimbo innocente strappato ai suoi genitori ben 44 anni fa? Forse la verità, dopo anni di omertà e false piste, non sarebbe poi così lontana.
Bianca e Natale sono pronti a volare a Dubai e chiedono, attraverso il loro avvocato Antonio La Scala, l’intervento delle autorità consolari per ottenere il test del Dna, finora sempre rifiutato.
Esisterebbe, tra i documenti ottenuti dall’avvocato La Scala dagli archivi del Viminale, una missiva scritta dal padre dello sceicco a Bianca Colaianni nel 2008 in cui si palesava una certa volontà di collaborazione, poi disattesa da una serie di appuntamenti sfumati concordati direttamente dallo stesso Al Habtoor.
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