Dietro al quale si possono nascondere delinquenti peggiori o ladri di galline, come in questo caso. Lo scandalo della preside “antimafia”, arrestata con i suoi complici per corruzione e peculato, ne rappresenta un esempio lampante. Nel contempo una vicenda triste e squallida.
PALERMO – Trentasei anni fa usciva sul Corriere della Sera uno dei più celebri articoli di Leonardo Sciascia dal titolo “I professionisti dell’antimafia”. L’articolo affrontava lo stretto rapporto tra politica, popolarità e lotta alla mafia. Ma Sciascia si riferiva al regime fascista e le due fazioni che lo dividevano: quella conservatrice, caratterizzata da ordine e disciplina, e quella rivoluzionaria, di matrice socialista e anarchica, tutta contro tutti. Questo per dire guai ai professionisti dell’antimafia ovvero coloro i quali, in nome della lotta contro la criminalità organizzata intesa come modello di vita da condannare, spesso diventano peggio di quelli che considerano nemici, almeno durante le manifestazioni e le passerelle dove abbondano telecamere e fotografi.
Basti pensare all’ex giudice Silvana Saguto e alla criminale gestione del suo ufficio dove confluivano i beni sequestrati e confiscati alla mafia. E che dire di Antonello Montante, l’ex potente presidente degli industriali siciliani oggi alla sbarra con politici, imprenditori e forze dell’ordine in forte odore di corruzione? Nessuna differenza con Daniela Lo Verde, 53 anni, già preside “antimafia” dell’istituto comprensivo “Giovanni Falcone” nel popolare quartiere dello Zen a Palermo. La donna é stata arrestata dai carabinieri il 21 aprile scorso assieme al suo vice Daniele Agosta, con l’accusa di corruzione e peculato.
Mentre chiariamo subito che sia la Lo Verde che Agosta sono da considerarsi innocenti sino a condanna definitiva, video e intercettazioni telefoniche inchiodano entrambi gli indagati alle loro responsabilità. A fare scoppiare lo scandalo un’altra insegnante che bene ha descritto in atti giudiziari il clima che si respirava in una scuola per anni citata come esempio di educazione alla legalità, dove la maggior parte dei docenti viveva sotto pressione e impaurita all’idea di denunciare quanto tutti sospettavano:
“Il mancato rispetto delle regole all’interno della scuola Falcone è una cosa ricorrente – scrive la docente nel suo esposto – che spazia dalle questioni giornaliere come la gestione degli alunni e della didattica alla gestione dei progetti finanziati dall’Unione Europea. Proprio a riguardo di questo aspetto è utile sottolineare il fatto che la scuola si fregia di portare avanti numerosi progetti sia in orario scolastico che in orario extrascolastico che intanto proprio in virtù di quanto ho appena detto vengono approvati sempre all’unanimità dal collegio e poi non sempre vengono attuati in maniera diligente e completa rispettando i relativi contratti”.
Insomma la Lo Verde avrebbe fatto la cresta su tutto, diventando quasi un accumulatore seriale. La ex preside avrebbe sottratto congrue quantità di alimentari dalla mensa scolastica per poi nasconderle nel suo ufficio, a volte anche per mesi. Se il cibo andava a male veniva restituito alla mensa dell’istituto, ormai scaduto, e poi cucinato e servito agli alunni:
“Gli abbiamo cancellato la data di scadenza al burro? E anche al latte e al tonno”, le parole pronunciate da una bidella e intercettate dagli investigatori. Frase alla quale seguivano i commenti di scherno della Lo Verde e del suo vice Agosta: “Vi denunciano”, le parole di quest’ultimo. “Secondo me pure”, la replica della dirigente scolastica.
Ma la donna non si fermava a merendine e aranciate, voleva a tutti i costi molto di più. E cosi avrebbe arraffato computer, tablet e smartphone destinati agli alunni e frutto di sostanziosi contributi pubblici e donazioni di privati. Sostanzialmente la dirigente avrebbe falsificato le firme degli studenti coinvolti nelle attività finanziate dall’Unione europea, e si appropriava delle apparecchiature informatiche assegnate alla scuola. Parte lesa, in questo caso, è proprio l’Unione Europea la cui Procura ha proceduto agli arresti di tutti i supposti responsabili della vicenda.
Le “cimici” rivelano anche che in cambio di iPhone per le figlie e per sé, la dirigente scolastica si riforniva in via esclusiva del materiale elettronico da un solo negozio la cui dipendente-complice, Alessandra Conigliaro, anche lei finita ai domiciliari, girava alla presunta arraffona i preventivi delle ditte concorrenti con congruo anticipo:
”Non è vero niente – asserisce Lo Verde – le parole riferite dalle intercettazioni sono solo interpretazioni di frasi estrapolate ad arte…”. Nel maggio 2020 la donna è stata insignita dal presidente Sergio Mattarella dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica “per essersi distinta nel servizio alla comunità durante l’emergenza coronavirus”. Si, con caramelle e merendine in tasca. Che squallore.