I comportamenti mafiosi nella pubblica amministrazione dilagano a macchia d’olio. Basta un sindaco per amico e addio concorrenza.
Bravi Gratteri ed i suoi collaboratori. Piazza pulita di boss, politici, faccendieri e imprenditori collusi con la ‘ndrangheta. Da Reggio Calabria a Milano, andata senza ritorno. Adesso vedremo ai processi che cosa succederà e se verranno confermate, o meno, le gravi accuse contro la devianza organizzata che non conosce più limiti. Specie quella calabrese, più dura, testarda, violenta e senza pietà.
La mafia si annida sempre di più nella pubblica amministrazione. Ne diventa prima connivente e poi padrona. E si deve fare come ‘ndrina dice. Da combattere però ci sono altre tipologie di mafie, meno evidenti ma ugualmente distruttive. Negli ultimi anni si è fatta sempre più strada nel tessuto sociale ed economico del Bel Paese una sorta di consorteria mafiosa composta dagli amici degli amici a loro volta amici di dirigenti e funzionari delle istituzioni dello Stato.
Questa sorta di organizzazione permette a chi ha le mani in pasta di utilizzare le istituzioni per fini privati in danno di concorrenti, nemici apparenti e ignari cittadini magari poco simpatici al presunto potente di turno. Se sei un imprenditore stimato e ben piazzato sul territorio, prima o poi, darai fastidio a qualche altro collega il quale, bene ammanigliato in certi uffici ma scadente dal punto di vista professionale, troverà il modo per farti chiudere i battenti.
Basta una visitina di certi ispettori od il controllo di un servizio sanitario per distruggerti la vita e mandare in fumo anni ed anni di onorata attività commerciale. Basta avere due amici nei posti giusti ed ecco che ti rovino l’impresa appresso porta, ovviamente per dare spazio alla mia anche se non vale nulla. Ricordo perfettamente gli abusi di un sindaco di un piccolo paese del Nord Italia che aveva per cugino un pregiudicato che si era aperto un ristorante. E siccome gli affari andavano male per via del cibo che faceva schifo e per le scadenti condizioni igieniche del locale, il congiunto del primo cittadino chiese aiuto al suo autorevole parente:”… Che ti serve per migliorare i tuoi affari? – chiese il sindaco corrotto al cugino delinquente – mi servirebbe la chiusura di quel ristorante al di là della strada che è sempre pieno. Se cessasse la sua attività i clienti verrebbero da me, per lo meno quelli che lavorano in zona. Dai fammi la cortesia…”. Il solerte primo cittadino non se lo fece ripetere due volte e iniziò a vessare il povero ristoratore onesto inviandogli sul posto di lavoro prima i vigili urbani e, di seguito, tutte le altre istituzioni con le quali aveva buoni rapporti diremmo clientelari. Un controllo farlocco oggi, una verifica falsa domani, un bel verbale a quattro zeri dopodomani, il povero ristoratore dovette cedere all’interesse privato in atto d’ufficio, alla corruzione della pubblica amministrazione ed ai controlli temerari di ispettori e inquisitori che, con fasulle attestazioni, avevano costretto l’imprenditore a chiudere il ristorante ed a licenziare i 10 dipendenti, che mai avevano avuto da ridire sulla serietà del loro datore di lavoro.
Di queste vicende ne accadono a centinaia e più andiamo avanti e più le persone si lamentano di questa nuova sorta di mafia che può colpire chiunque seminando distruzione e povertà. Se ti consideri vittima di storie come questa non esitare a denunciare i responsabili. Anche col timore fondato che possano farti male. Tacere sarebbe più grave e non porterebbe a galla un fenomeno che dilaga a macchia d’olio, specie in provincia. Da Trapani a Pavia, tanto per fare un esempio.