Prendersi cura: regola pedagogica per il docente educatore

I versi di Franco Battiato “Ti libererò dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai “ sono risuonati nel Duomo di Catania in occasione della festa estiva di Sant’Agata. L’arcivescovo metropolita Luigi Renna ha declinato il monito del “prendersi cura” di sé stessi, delle relazioni familiari e sociali.

Roma – La cura è anzitutto un modo di essere e il prendersi cura è l’habitus del docente educatore, che guida i suoi studenti nei sentieri del sapere e verso l’orizzonte delle competenze, in vista della formazione integrale. Il prendersi cura si articola in una molteplicità di dimensioni: personali, familiari, sociali e poi ancora scolastiche e civiche. Ecco perché la regola del prendersi cura qualifica il docente tutor, che si impegna a “non perdere lungo strada, nessuno di quelli che gli sono stati affidati”.

La regola pedagogica saper guardare tutti e saper osservare ciascuno”, costituisce il fondamento di uno stile di relazione educativa e apre le porte al dialogo, all’incontro, alla convergente ricerca del vero bene per ciascuno.

La scuola che offre un servizio pubblico risponde ai bisogni degli utenti, ma non solo a quelli espliciti, collegati a all’istruzione e alla trasmissione della cultura, ma anche a quelli impliciti, che interpellano la crescita e la formazione integrale della persona che “ nella comunità scolastica apre i suoi occhi al vero, e scopre la dimensione dei valori e dell’Assoluto”.

L’impegno educativo del docente è , infatti, orientato a “formare l’uomo e il cittadino” e il prendersi cura della città, del patrimonio artistico, storico e ambientale del territorio, non è un compito delegabile ad altre agenzie.

Scuola, famiglia e territorio insieme per il bene dei giovani

La cultura della democrazia e della partecipazione attiva e responsabile implica la modifica del modo di pensare, di sentire e di agire, uscendo dal proprio guscio narcisistico e aprendo gli occhi verso la realtà circostante. Scuola e famiglia, agenzie educative attive nel territorio sono ancora una volta sollecitate a cooperare nella convergenza degli obiettivi comuni: il bene dei ragazzi, figli e studenti.

Una particolare attenzione di cura, ha detto monsignor Renna, parlando ai genitori, va indirizzata ai ragazzi nell’età più delicata, quella della scuola media ed adolescenziale: “fate sì che non brucino il loro futuro, soprattutto se sono ragazze”, che non devono restare schiave della moda, della pubblicità, del facile guadagno, del divertimento drogato e velenoso.

Allontanarle dalle pseudo amicizie che fanno male è un dovere educativo ed anche a scuola, il docente educatore attento ha il compito di intervenire con saggezza pedagogica. L’emergenza educativa sollecita ancor più la risposta ad una partecipazione attiva alla vita sociale, così da sentire la Città come propria e quindi contribuire all’ordine e alla sicurezza.

La partecipazione è sempre un campo di azione, plurale, collettivo, comunitario, vitale, generativo” e questi attributi connotano lo stile di partecipazione del cittadino che contribuisce in maniera responsabile al bene comune.

Queste espressioni le troviamo già nella “Carta europea della partecipazione dei giovani alla vita locale e regionale”, redatta dal Consiglio d’Europa il 21 maggio 2003 ed ancora, a distanza di vent’anni, risuonano come semplici auspici e desideri.

Un appello di amore per la città e per la scuola

Sogniamo insieme un modo diverso di amare la città: amare i beni di tutti è una forma di carità sociale” è l’appello dell’Arcivescovo che, alla vigila dell’avvio del nuovo anno, potrà essere così riformulato: “Sogniamo una scuola bella, nuova, aperta, che accoglie gli studenti come a casa loro e li fa sentire vivi, partecipi, protagonisti nel cammino di formazione e di crescita”.

I bravi docenti si prendono cura di loro, li guidano, lo accompagnano, li incoraggiano e ogni studente realizzerà il proprio originale progetto di vita.

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