La scienza, in questi casi, ha opinioni differenti. La sperimentazione in vivo è stata superata dall'introduzione dell'alta tecnologia nello studio di centinaia di malattie nonostante solo in pochi casi il ricorso alle cavie sembra indispensabile. Lo studio sui macachi avrebbe invece valide alternative.
Parma – Si è svolta il 6 febbraio scorso, in Piazza della Pace, la partecipatissima manifestazione di protesta “Grida la tua Rabbia” contro la sperimentazione scientifica sui macachi. Dopo la decisione del Consiglio di Stato che lo scorso 28 gennaio aveva respinto il ricorso della Lav – Lega Antivivisezione, autorizzando gli esperimenti sui primati detenuti negli stabulari dell’università, gli animalisti di tutta Italia si sono dati appuntamento a Parma come a Torino ed in altre città d’Italia per dire no allo scempio di bisturi ed elettrodi sui poveri animali.
Da ben 20 mesi animalisti e protezionisti delle diverse associazioni italiane si battono contro il progetto Light-up delle Università di Parma e di Torino per salvare la vita di 6 macachi oggetto di una sperimentazione assurda, dolorosa e per certi versi anche inutile.
ll Consiglio di Stato aveva sospeso lo studio Light-up per ben due volte proprio perché non era stata sufficientemente argomentata l’impossibilità di ricorrere ad altri metodi di fronte alla sofferenza indicibile di esseri viventi senzienti. I ricercatori universitari intendono ricreare un modello animale per lo studio delle persone affette da “Blind-sight”, una grave patologia oculare che culmina con la perdita della vista per problemi cerebrali e non per malfunzionamento dell’apparto visivo.
I macachi scelti per gli esperimenti dovranno subire un intervento chirurgico che li renderà parzialmente ciechi e al termine dell’operazione verranno soppressi. Le ragioni del progetto sono ancora legate allo specismo, che discrimina gli esseri viventi in base alla specie di appartenenza, e alla vecchia concezione della irrinunciabilità della ricerca animale.
I test sugli animali per legge non vengono autorizzati se esiste un’alternativa eppure, nonostante studiosi di fama mondiale e persino altre realtà italiane abbiano proposto modelli virtuosi con tecniche non cruente e metodologie non invasive dimostrando come scienza e etica possano convivere, ancora una volta esseri senzienti, e molto simili all’uomo, saranno sacrificati in favore del nostro presunto benessere.
Dopo l’ultima pronuncia del Consiglio di Stato grande soddisfazione è stata espressa da parte dei ricercatori che in un nota congiunta delle due università esprimono il proprio plauso per la decisione del consesso giudiziario:
“…La pronuncia prova oltre ogni ragionevole dubbio l’inattaccabile solidità e correttezza sul piano etico, tecnico-scientifico e formale non soltanto del progetto – scrivono gli scienziati – ma anche dell’iter autorizzativo svolto dagli organismi competenti, Ministero della Salute in primis. Le Università di Torino e Parma si augurano ora il miglior successo della ricerca a beneficio del progresso delle conoscenze e della salute dei pazienti, auspicando che la vicenda rimanga un monito in merito alle necessarie tutele istituzionali che devono essere garantite alla libertà di ricerca entro il rigoroso rispetto dei principi etici e morali che la caratterizzano...“.
Chissà che cosa ne pensano quelle povere scimmie costrette a pagare un prezzo altissimo per il solo fatto di ritrovarsi con un notevole grado di somiglianza con le strutture anatomiche delle aree cerebrali deputate nel cervello umano ad elaborare funzioni cognitive superiori.
Che cosa proveranno questi poveri animali quando si sveglieranno dall’anestesia e sentiranno tanto dolore ritrovandosi ciechi? Come si sentirà lo scienziato di turno con la siringa in mano quando si tratterà di sopprimerli? Nessun rimorso?
Ricordiamo che anche l’uomo è un primate, dunque un cugino nemmeno tanto lontano di macachi, gorilla, scimpanzé e di tutte le altre scimmie che popolano questo sfortunato pianeta.
È impossibile non pensare che se nella fase evolutiva della vita i macachi o le altre scimmie si fossero evoluti in maniera superiore a quella dell’uomo, come ipotizzato nel film “Il pianeta delle scimmie”, ci saremmo potuti ritrovare chiusi in gabbie di metallo con grosse sbarre, incatenati e con un punteruolo in testa o forse no.
Con molta probabilità le scimmie sarebbero state molto più compassionevoli di quanto non lo siamo stati noi.
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