Parla in aula il fidanzato di Saman

Scena muta del padre della vittima che forse parlerà dopo l’audizione del figlio. Danish Hasnain punta il dito su Shabbar Abbas ma l’uomo rigetta le accuse reiterando la propria innocenza.

NOVELLARA (Reggio Emilia) – Nell’udienza del 29 settembre scorso in Corte d’Assise il padre della povera Saman, la studentessa diciottenne uccisa il 1 maggio 2021, ha fatto scena muta. Shabbar Abbas, dicono gli avvocati difensori Enrico Della Capanna e Simone Servillo, parlerà in un secondo momento facendo spontanee dichiarazioni: ”Non sappiamo ancora quando – affermano i legali – ma probabilmente attenderemo che avvenga prima la testimonianza del figlio minore”.

Dunque bocca cucita davanti al Pm Laura Galli da parte del padre della vittima che si vede accusato, in prima persona, proprio da “Zio” Danish Hasnain dal quale, sempre in udienza, dovrà difendersi. Probabilmente Abbas aspetta di sentire che cosa dirà il figlio, Ali Haider Abbas, 18 anni, minorenne all’epoca dei fatti, che nelle sue dichiarazioni ha sempre sostenuto, di contro, che sarebbe stato proprio Hasnain l’esecutore materiale del delitto. Il giovane, residente in una comunità protetta, è sempre stato in contatto con il padre, anche durante la sua latitanza, e lo avrebbe informato di come andavano le cose in Italia senza sapere, ovviamente, che i suoi colloqui con il genitore erano intercettati.

L’abitazione della famiglia Abbas a Novellara

Subito dopo è stata la volta di Saqib Ayub, 25 anni, fidanzato di Saman, parte civile nel processo e testimone importante per chiarire che cosa sia realmente accaduto prima dell’omicidio della giovane di Novellara:

”Sapevamo che la sua vita era in pericolo – ha detto Ayub ai giudici – ma non c’erano alternative. Doveva andare a casa per prendere i documenti, ci servivano per sposarci…Saman diceva che per i suoi familiari uccidere le persone non significava nulla”.

Saqib Ayub ha poi ripercorso le tappe principali della sua relazione sentimentale con Saman, la ragazza che avrebbe sposato non appena i due fossero stati nelle condizioni di farlo. I fidanzati si erano conosciuti sul social Tik Tok per poi vedersi quattro volte di persona a Bologna, da metà gennaio 2021 sino alla fine di aprile dello stesso anno, dove Saman viveva in una casa-famiglia. I due, che nel frattempo avevano fatto coppia fissa, si erano poi incontrati più volte a Roma, dove viveva Ayub. Le frequentazioni erano proseguite sui social e in chat sino all’ultimo messaggio che i due giovani si erano scambiati la sera del 20 aprile 2021, ovvero un giorno prima che Saman venisse assassinata.

Ed è proprio a Roma che i due giovani suggellarono il loro giuramento d’amore rimanendo insieme dal 12 al 21 aprile decidendo di sposarsi appena la situazione si fosse volta al meglio e una volta recuperati i documenti di lei sequestrati dal padre. Anche i congiunti di Ayub sapevano del futuro matrimonio di Saman con il giovane conterraneo a fronte del rifiuto che la diciottenne aveva opposto ai suoi genitori che la volevano sposa con un lontano cugino. La stessa madre di Ayub avrebbe pensato a far arrivare in Italia un abito da sposa per la ragazza mentre gli altri parenti avrebbero pensato a tutto il resto.

Saman e il fidanzato Saqib

A questo punto i difensori di 3 dei 4 imputati, gli avvocati Maria Grazia Petrelli, Liborio Cataliotti e Luigi Scarcella, hanno chiesto a Ayub se fosse stato lui a spingere Saman a tornare a casa. Il giovane reiterava la sua versione dei fatti: la decisione era stata presa da entrambi. In aula non sono mancati momenti di forte tensione emozionale come quando i magistrati hanno deciso di far sentire la voce della vittima: “Ti voglio dire tutto, ma adesso no”, riferiva Saman con un filo di voce ad una educatrice della struttura di Bologna che le chiedeva perché fosse tornata a casa.

Shabbar Abbas entra in aula di Corte d’Assise

La famiglia di Saman, ovviamente, ha sempre osteggiato la relazione fra la ragazza e Ayub. Quest’ultimo, per altro, aveva denunciato Shabbar nel febbraio del 2021 per minacce nei riguardi della sua famiglia che risiedeva, e risiede, in Pakistan. Fra i due, infatti, non c’è stato alcun scambio di sguardi in aula mentre Shabbar, a parte la scelta del mutismo, è rimasto sul banco degli imputati con gli occhi bassi. Per il resto udienze rinviate sino al 13 ottobre prossimo.

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