Numerosi imprenditori si lamentano della mancanza di manopera. Commercianti ed esercenti addossano la colpa ai giovani che non vogliono lavorare. Faticare per tre euro l’ora è umiliante e per nulla dignitoso dunque sarebbe meglio che certi “padroni” si passassero una mano sulla coscienza. Ammesso che ne abbiano una.
Roma – Una paga da fame. Qualche settimana fa è balzata agli onori della cronaca, si fa per dire, la storia di una ragazza di Napoli, precisamente di Secondigliano, quartiere periferico ad alta densità camorristica e con un elevato tasso di disagio sociale. La giovane, Francesca Sebastiani di anni 22, ha risposto ad un annuncio web di lavoro come commessa.
Le è stato proposto di lavorare 10 ore al giorno per una misera paga di euro 280 mensili! No, non è uno scherzo: nemmeno ai ragazzini si offre una paghetta così bassa di 70 euro settimanali! La ragazza ha denunciato la vicenda in un video sulla piattaforma Tik Tok, un social network cinese che negli ultimi tempi ha sbaragliato la concorrenza. Ha gentilmente rifiutato l’offerta, che ha scatenato la risposta risentita della responsabile: Voi giovani non avete voglia di lavorare. Frase trita e ritrita che si sono sentite rivolgere quasi tutte le giovani generazioni, almeno dal secondo dopoguerra in avanti.
Non potevano mancare le successive polemiche sul web, perché la vicenda è diventata subito virale. Una paga da fame, non c’è che dire: poco più di 10 euro al giorno per un turno di lavoro dalle h. 9,00 alle 13,30 e dalle 15,00 alle 21,00 nei giorni feriali. Il sabato si fa orario continuato. L’annuncio: Cercasi persone per lavorare, riguardava una ditta di abbigliamento.
La reazione della giovane su Tik Tok ha registrato migliaia di visualizzazioni, in cui Francesca ha dichiarato: Perdonami, io sono stata gentile, ma secondo te è normale per tutte queste ore 280 euro al mese? Siete voi che date una miseria nelle mani dei ragazzi. Mi spiegate un ragazzo di 23-24 anni con 280 euro al mese cosa può fare? Siete voi che non li fate lavorare.
Questo caso non è l’unico, ma è sintomatico di un malessere diffuso tra i giovani per la poca considerazione con cui viene valutata la loro fatica. Ma è una situazione che attraversa tutto il mondo del lavoro. Ci sono attività come quelle alberghiere e della ristorazione che manifestano una profonda carenza di personale stagionale.
Se il livello delle paghe è più o meno come il caso citato, ci rendiamo conto della gravità del problema. Come dare torto ai giovani se preferiscono orientarsi, come risultata da alcuni sondaggi, sulla qualità del loro tempo e su vere occasioni di crescita professionale senza la percezione di venire sfruttati.
Le associazioni di categoria attraverso i loro dati diffusi hanno confermato questo trend. Ad Ischia e Capri molti titolari di strutture di primo piano nel settore alberghiero hanno manifestato le loro doglianze col solito refrain: Sono pochi i giovani disposti davvero al sacrificio e alla gavetta.
Mentre in realtà, le aziende vogliono tutto e subito, ovvero assumere personale già formato e non manifestano la pacatezza di formare nuove leve. La disoccupazione è cresciuta negli ultimi tempi non solo per mancanza di lavoro e per cause strutturali della società italiana.
E’ in crescita il numero di chi rifiuta un lavoro e chi si dimette anche da posizioni di buon livello. A metà maggio Assoturismo, associazione sindacale delle imprese del settore turistico, ha diffuso dei dati secondo cui la carenza di stagionali riguarda oltre 300mila figure. Su queste realtà girano circa 6,5 miliardi di euro di consumi, che rischiano di disperdersi.
Poi c’è chi rifiuta il posto di lavoro per motivi geografici, perché troppo distante dal proprio ruolo di origine e facendo un semplice pari e dispari, come si dice in questi casi, preferisce rinunciare. Infine, c’è una buona parte di under 30 che cambia occupazione, mentre altri restano fuori dal mercato del lavoro.
Abbiamo assistito durante il lockdown al boom dello smart working. Secondo l’Inps, questa novità ha fatto emergere molteplice esigenze del mercato del lavoro, per cui l’occupazione ha un costo più alto. Nel senso che non si guarda solo all’aspetto meramente remunerativo, che pure è importante, ma anche, alle condizioni di lavoro e al tempo libero.
Per chi propone paghe infime, sarebbe, forse, opportuno ripristinare la gogna per punizione, in modo da essere esposto al pubblico ludibrio!