Pagare l’Iva è sempre più un problema

Fra le imposte è considerata dai contribuenti la più odiosa. E la più evasa. Il settore edilizio è in pole position in quanto a mancati versamenti all’erario.

L’Iva, l’imposta ripudiata dagli italiani. L’imposta sul Valore aggiunto gode di pessima fama tra i contribuenti nostrani. Si tratta di un tributo sui consumi che si applica alla maggior parte di beni e servizi. È qualificata come imposta indiretta ossia che, pur essendo pagata dai consumatori, viene riscossa e versata alle autorità fiscali dalle imprese. E’ pagata da cittadini, imprese e professionisti allo Stato, con lo scopo di sostenere la spesa pubblica.

Per questo motivo è considerato il tributo per eccellenza e un prelievo coattivo di ricchezza effettuato dallo Stato per erogare beni e servizi allo scopo di soddisfare i bisogni della collettività. In Italia viene evaso il 15% del gettito, pari a 25 miliardi di euro, percentuale superiore alla media europea. Sono i risultati del rapporto “Mind the Gap” a cura della Commissione UE, presentato lo scorso 11 dicembre. In lingua italiana il titolo potrebbe essere tradotto con “Attenzione al divario”, assai indicativo nello spiegare le disparità con il resto d’Europa.

Quante risorse finanziarie sottratte a sanità, istruzione, pensioni e infrastrutture! 25 miliardi di euro di gettito non incassato non sono proprio noccioline ed è ben oltre la media europea del 9,5%, piazzano il Belpaese al 20° posto. Eppure negli anni immediatamente dopo il Covid, c’era stata una diminuzione che aveva fatto sperare di aver intrapreso la giusta strada. Gli esperti ritengono che sia stata determinata dalla diffusione della fatturazione elettronica, dai versamenti digitali e, principalmente, dal Superbonus che ha fatto emergere la base imponibile, quella soggetta a tassazione, del settore edilizio, il più incline all’evasione.

Poiché nell’ultimo biennio questi fattori hanno subito un rallentamento, mentre hanno chiuso molte attività e i pagamenti elettronici sono cresciuti con lentezza, si è inasprito lo squilibrio. Secondo i tecnici della Commissione UE, il divario non è dovuto solo al mancato rispetto delle regole da parte dei contribuenti (evasione ed elusione). Ma è anche il risultato di determinate scelte politiche che si traducono in agevolazioni, esenzioni o regime di favore. In Italia, oltre l’80% del gettito Irpef arriva dai redditi da lavoro dipendente e assimilati (cioè quelli da pensione).

Iva, la più odiata fra le imposte

Meno del 10% deriva dai redditi da lavoro autonomo e il resto, un altro scarso 10%, da redditi di capitale. Della serie pochi contribuenti sicuri pagano per tutti! Infatti, secondo il report, il tax gap dei lavoratori autonomi è pari al 59,8%, pari a 37 miliardi di euro, in leggero calo rispetto all’anno precedente. Inoltre recitano un ruolo rilevante le cosiddette “tax expenditures”, un’espressione coniata negli USA ad indicare agevolazioni ed esenzioni fiscali.

Rappresentano una vera e propria erogazione di spesa che produce effetti distorsivi, in quanto sono i soggetti più ricchi che possono beneficiarne in maggior misura. Inoltre lo Stato effettua spese che in altre situazioni non verrebbero fatte. Senza contare l’economia sommersa, quell’insieme di attività economiche illegali che sfuggono alla registrazione ufficiale dello Stato, non vengono dichiarate al fisco o alla previdenza sociale e, di conseguenza, non contabilizzate nei conti nazionali, come il PIL, pur producendo beni e servizi.

Si parla di cifre astronomiche: 72,3 miliardi nel 2024, di cui ne sono stati recuperati solo 12,8 miliardi. E poi si dice che siamo in crisi…