A Palermo le Ong e chi chiede la condanna del vicepremier prendono la parola. La Lega intanto si mobilita per il raduno di Pontida.
Palermo – Sfilano nell’aula bunker del Pagliarelli le parti civili del processo Open Arms a Matteo Salvini accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. I pm hanno chiesto la condanna del ministro a sei anni di carcere per avere illegittimamente vietato lo sbarco a Lampedusa a 147 migranti soccorsi in mare dalla nave della Ong spagnola. In un’atmosfera in cui si sono denunciate le minacce ai pm del processo, parlano le Ong e chi chiede che la richiesta dei magistrati diventi condanna. A irrompere nel dibattito è la richiesta di oltre un milione di euro come risarcimento danni nei confronti dei propri assistiti, sia singoli naufraghi sia associazioni e organizzazioni non governative da parte del legale di Open Arms. La replica di Salvini è immediata: ”Non pretendo una medaglia, ma che io meriti sei anni di carcere, che non si danno neanche a un pedofilo o a un rapinatore e, in aggiunta, un risarcimento di un milione di euro… Non sono ad ‘Affari tuoi’ ad aprire i pacchi”, dice il ministro intervenendo al programma ‘Cinque minuti’ in onda questa sera su Rai1.
Ma nel dibattito su chi batte cassa al vicepremier irrompe anche un naufrago che chiede 50mila euro di risarcimento all’ex ministro dell’Interno. Una somma richiesta dall’avvocata Serena Romano, legale di parte civile di Musa, uno dei naufraghi soccorsi dalla Open Arms nell’agosto del 2019.
“La condotta dell’imputato ha aggravato i danni già subiti in Libia da Musa, che aveva 15 anni, per le sofferenze fisiche ed emotive e per l’ingiustificato prolungamento della permanenza in mare, per il timore di essere riportato in Libia, per la violazione di tutti i diritti riconosciuti dalla nostra carta costituzionale che tutelano l’infanzia, che andava tutelata”, ha detto Romano. “Una volta soccorso dall’ong, Musa ha trascorso 17 giorni a bordo della Open Arms prima di poter sbarcare per decisione del Tribunale dei Minori. 17 giorni che sono stati un inferno, senza possibilità di avere un supporto psicologico, senza poter provvedere a cure mediche o all’igiene personale”, ha aggiunto. Il ragazzo ha lasciato il paese a 12 anni, è “arrivato in Libia con suo zio, che è poi venuto a mancare. La tutrice ci ha detto che le sue condizioni non erano buone: aveva cicatrici in tutto il corpo. È stato ripetutamente colpito con bastoni sulla pianta dei piedi fino a rompergli le ossa”.
“Non è facile per me ricordare, cercavo di dormire sulla Open Arms per non pensare, – ha detto Musa in aula – ma era molto difficile. Ora vivo in Sicilia, ho studiato qui, lavoro e dico grazie mille ai siciliani e agli italiani per questo”. E poi l’avvocato Michele Calantropo, legale di parte civile dell’Arci, ha sostenuto la tesi secondo la quale il ministro per difendersi, avrebbe avuto un atteggiamento di “vittimizzazione secondaria, mi si consenta questo termine, per trovare una antecedente causale scriminante rispetto a delle condotte illecite a carico dello Ong Open Arms”. In base alla sua valutazione, l’atteggiamento del ministro “è parso in questo contesto non pertinente, perché si sono utilizzate delle parole che hanno un senso che vanno ben oltre la semantica”. Il legale ha riportato il passaggio dell’articolo 52 della Costituzione, da lui interpretato nel senso che “la difesa della Patria è una difesa di concetto di solidarietà e soprattutto di democrazia”.
Un articolo richiamato anche da Armando Sorrentino, legale dell’associazione Giuristi italiani, che si sono costituiti parte civile: “Siamo di fronte a una guerra non dichiarata. Sono morti 30 mila migranti negli ultimi lustri e qui l’imputato parla di difesa dei confini, quasi fossimo di fronte allo sbarco in Normandia. Il richiamo all’articolo 52 della Costituzione è incongruente e offensivo. C’è un carico di intenzionalità da parte dell’imputato fuori le righe dei comportamenti politici”. Arturo Salerni, legale di parte civile della Open Arms, ha dichiarato che la nave della Ong “si è trovata non solo a non avere il supporto che avrebbe dovuto avere e che è previsto dalla convenzione Sar da parte dello Stato rivierasco, ma si è trovata di fronte a questo muro”: è “evidente il danno che si è creato all’armatore umanitario Open arms, il danno prodotto al suo equipaggio alla sua funzionalità, alle attività che perseguono con un fine esclusivamente umanitario che tanti frutti ha dato”.
Dall’altra parte, Salvini e la Lega continuano sulla linea di difesa contro gli attacchi sinistri e nel rimarcare l’innocenza del vicepremier. Una linea che verrà confermata il 18 ottobre dalla senatrice e legale del ministro, Giulia Bongiorno. Intanto trapela la notizia che quel giorno dell’arringa a difesa del leader del Carroccio, una delegazione del presidente ungherese Viktor Orban sarà in Sicilia. Nel corso del colloquio a Budapest tra Salvini e Orban, il leader ungherese “non ha mancato di chiedere” al segretario leghista “informazioni a proposito del processo di Palermo” e come informa la Lega “ha garantito la presenza di una delegazione del proprio partito e degli altri alleati europei sia a Pontida (6 ottobre) che in Sicilia in occasione dell’arringa di Giulia Bongiorno.
E mentre il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza indaga sulle presunte minacce ai magistrati del processo Open Arms, la Lega si dice “preoccupata della rabbia di Magistratura Democratica” nei confronti del vicepremier e del ddl sicurezza appena licenziato. “Mentre oggi apprendiamo, senza troppo stupore ma con forte preoccupazione, tutta la rabbia delle toghe rosse contro norme che aumentano la tutela per i cittadini, a Palermo si celebra un’altra udienza del vergognoso processo nei confronti di chi ha ben agito nell’interesse del Paese. Concetto del tutto estraneo alla sinistra e ai suoi affiliati come Anm e Md. Molto pericoloso per l’Italia”, afferma il senatore della Lega Gianluca Cantalamessa, capogruppo in commissione Antimafia a Palazzo Madama e responsabile dipartimento Antimafia del partito, in riferimento a un documento dell’Esecutivo di Magistratura democratica nel quale vengono criticate le norme contenute nel ddl Sicurezza.
Cantalamessa non è però l’unico esponente del Carroccio ad attaccare Magistratura democratica. “Forse il sogno di certa magistratura è quello di scriversi le norme e poi applicarle. Non è così – dichiara il deputato Igor Iezzi -. Esiste una separazione dei poteri, e va rispettata, dalle toghe (rosse) in testa. Dopo le gravi esternazioni dell’Anm sul caso Open Arms, ora è Md a prendere posizioni sconcertanti sul decreto sicurezza, per poi, magari, cercare il modo per mandare a giudizio chi ha voluto quelle norme. Non funziona così: quello di oggi è un ennesimo segnale preoccupante per il Paese”. Le due settimane mancanti al raduno di
Pontida si prospettano intense per la Lega. Il Carroccio scenderà infatti nelle piazze lombarde con centinaia di banchetti e gazebo per permettere ai cittadini di firmare a sostegno dell’azione politica del movimento e del segretario Matteo Salvini.
“Dobbiamo ribadire che la difesa dei nostri confini nazionali non è un reato” afferma in una nota Fabrizio Cecchetti, coordinatore regionale lombardo della Lega. Questo doppio week end “sarà prodromico al grande appuntamento di domenica 6 ottobre sul prato di Pontida, dove chiunque sarà il benvenuto, dove saremo tantissimi per dare il nostro sostegno a Matteo Salvini – spiega poi Cecchetti -. Ci prepariamo ad un’altra grande mobilitazione sul territorio lombardo, perché la Lega c’è sempre, anche lontano dal voto e non solo in campagna elettorale”.