Il collaboratore di giustizia potrebbe deporre davanti al gip sulla sua partecipazione al delitto del magistrato nel 1991. A sparare sarebbe stato il figlio di Nitto Santapaola. Coinvolti anche i vertici di Cosa nostra catanese e della ’Ndrangheta reggina.
Reggio Calabria – Ancora una svolta nell’inchiesa sull’omicidio Scopelliti. Una richiesta di incidente probatorio per sentire Maurizio Avola, collaboratore di giustizia ed ex killer di Cosa nostra, è stata depositata al giudice per le indagini preliminari nell’ambito dell’inchiesta sul delitto del magistrato Antonino Scopelliti, assassinato il 9 agosto 1991 a Villa San Giovanni, in località Piale.
A presentare l’istanza sono stati i legali dello stesso Avola, Ugo Colonna e Massimo Alosi. La decisione finale spetterà ora al gip di Reggio Calabria, che dovrà valutare anche il parere della Direzione distrettuale antimafia, rappresentata dai magistrati Giuseppe Lombardo e Sara Parezzan.
L’accusa: “Guidava la moto dell’agguato”
Secondo le dichiarazioni rilasciate da Avola, sarebbe stato lui a guidare la moto che affiancò l’auto del giudice Scopelliti al momento dell’agguato. A fare fuoco, secondo il racconto, sarebbe stato Vincenzo Salvatore Santapaola, figlio del boss “Nitto”. Il fucile usato nel delitto, sempre secondo il pentito, fu poi seppellito a Belpasso (Catania) e ritrovato nel 2019 grazie alle sue indicazioni.
Avola, se ammesso all’incidente probatorio, dovrà rispondere alle domande dell’accusa e della difesa degli altri 20 indagati, considerati vertici della mafia catanese e della ’Ndrangheta reggina. Inizialmente gli indagati erano 24, ma tre sono deceduti: Matteo Messina Denaro, Giovanni Tegano e Francesco Romeo, quest’ultimo cognato del boss catanese Benedetto “Nitto” Santapaola.
Assolto in passato il padre del presunto killer
Su Benedetto Santapaola, già assolto in un processo precedente per il delitto Scopelliti, non si potrà procedere nuovamente. L’inchiesta odierna punta invece a chiarire l’intera catena di comando e il ruolo delle mafie nella strategia stragista dei primi anni ’90.
Coinvolto anche Tranchina: “Aiutò Graviano”
La richiesta di incidente probatorio riguarda anche un altro pentito siciliano, Fabio Tranchina, che avrebbe accompagnato Giuseppe Graviano – non indagato in questa inchiesta – a Giardini Naxos, dove avrebbe trascorso un periodo di latitanza protetta dai clan catanesi.
L’inchiesta si inserisce nel più ampio filone investigativo che mira a far luce sul ruolo della criminalità organizzata nella stagione degli omicidi eccellenti, come appunto quello del giudice Scopelliti, allora sostituto procuratore della Cassazione, ucciso poco prima della requisitoria per il maxi-processo di Palermo contro Cosa nostra.