Dai foglietti di carta, consegnati alla madre in parlatorio, emerge un racconto agghiacciante, e il vano tentativo di accusare dell’omicidio un’altra persona: “Non so cosa mi è preso, vedevo nero”.
Brescia – Distruggendo le prove e accollando l’omicidio della vittima ad un estraneo forse lui e le sue complici potevano ancora spuntarla: probabilmente avrà pensato questo Mirto Milani, 28 anni, musicista, recluso e sotto processo per la morte della ex vigilessa di Temù ritrovata cadavere l’8 maggio 2021 alla periferia del paese, in provincia di Brescia.
Un’idea balzana che avrebbe potuto funzionare ma solo nei film e non sarebbe servita, com’era nelle intenzioni del presunto omicida poi reo confesso, a scagionare nemmeno Silvia e Paola Zani, figlie della vittima, e coobbligate in solido nel turpe assassinio della povera donna. In pratica il musicista che dedicava le canzoni alla madre Mirna Donadoni, durante i colloqui in parlatorio, avrebbe consegnato alla genitrice alcuni foglietti di carta, scritti con una matita bianca, che contenevano istruzioni per fare scomparire le prove a suo carico e a beneficio anche delle sue sorelle. I fogli di carta, una volta cosparsi di cenere, rivelavano il contenuto vergato da Mirto Milani:
”…Bruciare jeans, calze, reggiseno taglia terza, maglietta maniche lunghe. Su secchio lasciare Dna uomo, età compresa 45-60, incastrare capelli dentro manico, oppure strofinare sigaretta usata o mascherina usata, farlo anche su lettera, su lettera e busta mettere impronte…”.
Dunque il giovane, il cui profilo criminale appare più che evidente senza nulla togliere alla sua innocenza che rimane tale sino ad eventuale condanna definitiva, forniva alla madre tutte le indicazioni necessarie per accusare del delitto un’altra persona nel tentativo di farla franca. Prima di confessare l’uccisione della Ziliani, Mirto dispone anche la logistica dell’impossibile messinscena:
”…Usare sempre mezzi pubblici, guanti e mascherina, tenere cappuccio in testa, portare 3 cambi, cambiarsi in bagni bar. Dopo aver messo secchio aspettare 10-15 giorni poi inviare lettera. Non portare mai dietro cellulare…”.
Insomma il giovane, dimostrando grande fantasia ma ben poco raziocinio, sperava di trovare un killer a buon mercato che si ritenesse responsabile della morte di Laura Ziliani e che, dopo qualche tempo, potesse saltare fuori e assumersi pubblicamente tutte le responsabilità come una sorta di pentimento:
”…Su lettera scrivere che dispiaciuto, per questo ha ridato corpo, scrivere che ha lasciato su orecchini diamante perché non è un ladro, scrivere che gli aveva rovinato la vita, scrivere che l’aveva avvertita (rivolto a Laura Ziliani). Inviare lettera a giornali, tv e polizia, no carabinieri, dna e impronte solo su una lettera. Comprare busta e francobolli in posti diversi, in giorni diversi, mandare lettera da grandi città…”.
Poi scrive ancora alla madre riferendole quanto confesserà in seguito agli inquirenti:
”…Non è facile questa cosa, ci ho pensato molto, è l’unica cosa giusta da fare. In questa lettera spiegherò cosa è accaduto l’8 Maggio in quello che è diventato il giallo di Temù, manderò la lettera a Carabinieri e Tv. Io avrei fatto tutto per lei, non volevo succedesse questo…Lei mi ha rovinato la vita, mi ha sempre usato, ero un burattino nelle sue mani. Non so cosa mi è preso, vedevo nero, l’ho afferrata al collo con il braccio da dietro, e ho stretto. Non ricordo cosa è successo dopo, ma eravamo in terra, non c’era più nulla da fare. Preso dal panico l’ho nascosta vicino alla riva del fiume poi sono tornato, l’ho spogliata, l’ho seppellita, ci ho versato del fondo e poi altra sabbia, poi ho buttato i suoi abiti in un cassonetto separati…”.
L’omicidio sarebbe dovuto avvenire la sera del 7 maggio 2021, vigilia della festa della mamma, intorno alle 20.30 nella casa di via Ballardini. L’ex vigilessa, però, arrivò in ritardo dunque il piano criminale doveva cambiare. I tre prepararono diversi muffin riempiti di sedativi, presi dalla casa di riposo dove lavorava Silvia. Dopo averne mangiato uno Laura non si sentì male. Anzi andò in cucina a bere. A questo punto Silvia, Paola e Mirto tentarono il tutto per tutto aggredendo la donna Laura perdeva l’equilibrio e cadeva sulle figlie che la bloccavano mentre Mirto la soffocava da dietro tenendola ben stretta. Il resto, purtroppo, non è una fiction.