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Omicidio di Thomas, il Gip: “Volevano soltanto farlo soffrire e uccidere”

Convalidato il fermo dei due liceali ritenuti responsabili dell’uccisione. Uno dei ragazzi presenti nel parco: “Non abbiamo pensato a chiamare né polizia né ambulanza”.

Pescara – “Il quadro indiziario fa pertanto risaltare come causa determinante dell’azione sia l’impulso lesivo, quello di provocare sofferenza e uccidere un essere umano, sino quasi a integrare il motivo futile, ossia il motivo meramente apparente e in realtà inesistente, che cela l’unico vero intento, che è quello di cagionare sofferenza e morte”.

E’ quanto ha scritto il gip del Tribunale per i Minorenni dell’Aquila, Roberto Ferrari, nel provvedimento di convalida del fermo dei due 16enni ritenuti responsabili dell’omicidio di Thomas Christopher Luciani avvenuto a Pescara domenica scorsa nel parco Baden Powell.

Non bastassero le parole del giudice a inquadrare il degrado morale all’interno del quale è maturato l’omicidio, sono le testimonianze dei ragazzi che hanno assistito e nulla hanno fatto per impedirlo – e nemmeno hanno sentito il dovere di chiamare aiuto e avvertire le autorità -, a fornire alla tragedia di Pescara un sovrappiù di macabro e raccapricciante. E ancora la fotografia di uno degli indagati al mare, con i muscoli in vista e un pugno orgoglioso sul petto. La banalità del male in uno scatto, un click in spiaggia con gli amici dopo una pausa al parco per ammazzare a coltellate un coetaneo per un presunto debito di droga di 200 euro.

La foto di uno degli indagati al mare dopo l’omicidio

Il testimone chiave, il ragazzo che ha fornito le indicazioni per l’individuazione del cadavere, tra le altre cose, si è detto “sicuro” che Thomas “era morto”, era stato colpito da “tante coltellate davanti a me. Ad esempio una coltellata all’addome, una coltellata alla gamba, dove ci sono le arterie“. Un altro giovane molto vicino a uno dei due minorenni indagati, che domenica pomeriggio era nel parco Baden Powell durante l’uccisione di Thomas, ha ammesso: “Non abbiamo pensato a chiamare nessuno, né polizia né ambulanza”.

La testimonianza conferma come il gruppetto, nonostante fosse a conoscenza dell’accaduto, abbia lasciato il parco per andare “in tranquillità al mare”, mentre il corpo del 16enne giaceva tra le sterpaglie. Nelle sue dichiarazioni, il giovane ha sottolineato che, dopo i fatti, quando il testimone chiave “è tornato indietro, ci ha detto che il ragazzo era morto”. Al mare – ha detto ancora – i due minorenni indagati “hanno raccontato in sintesi quello che è successo. So che hanno dato delle coltellate“. Il ragazzo ha sottolineato anche che uno dei due minorenni “aveva una pistola. Me l’ha fatta vedere dopo che era finito tutto. Ce l’aveva in tasca. Non so come ce l’avesse. Mi ha detto che era scarica, senza colpi”. Un altro dei giovani coinvolti, nella sua testimonianza, si è detto convinto che i due indagati “si siano organizzati per questa cosa, per incontrare questo ragazzo”.

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