Al via a Bologna il processo d’appello per la 18enne uccisa a Novellara. La madre, Nazia Shaheen, condannata all’ergastolo insieme al marito, non ha mai collaborato con la giustizia.
Bologna – Con la schiena curva, il volto nascosto da un velo e una mascherina che le copre quasi interamente il viso, lo sguardo rivolto verso il pavimento: così si è presentata per la prima volta in aula Nazia Shaheen, madre di Saman Abbas. Questa mattina, presso la Corte d’Appello di Bologna, ha avuto inizio il processo di secondo grado per l’omicidio della giovane 18enne, uccisa a Novellara il primo maggio 2021.
Condannata all’ergastolo insieme al marito, Shabbar Abbas, Shaheen è stata estradata dal Pakistan solo dopo la sentenza di primo grado. Le sue dichiarazioni, se deciderà di rilasciarle, potrebbero rivelarsi decisive per chiarire la dinamica del delitto. Le immagini delle telecamere di sorveglianza dell’azienda agricola di via Colombo la ritraggono, insieme al marito e al cognato, la notte della scomparsa di Saman. Dopo il crimine, è fuggita in Pakistan, rimanendo latitante fino al suo rientro in Italia, avvenuto lo scorso agosto. Nonostante sia a conoscenza dei fatti, finora ha scelto di non collaborare con la giustizia, e non è certo che decida di farlo in questa nuova fase processuale.
In aula sono presenti anche gli altri imputati: il padre della vittima, Shabbar Abbas, lo zio Danish Hasnain, condannato a 14 anni, e i due cugini, Nomanulhaq Nomanulhaq e Ijaz Ikram, assolti in primo grado. Il processo d’appello è stato avviato su richiesta sia della procura, che punta alla condanna di tutti gli imputati per omicidio in concorso con l’aggravante della premeditazione e dei motivi futili o abietti, sia delle difese del padre e dello zio.