Una violenta lite ha predisposto il tetro scenario, poi sfociato in un efferato assassinio. L’omicida ha confessato: sarebbe stata mossa da rabbia ed estremo livore nei confronti della vittima.
Cura Carpignano – Gli ha sparato in testa mentre era nella sua auto con il braccio appoggiato sul finestrino abbassato. Dopo ha nascosto il cadavere dentro l’ex convento per poi spostarlo sulla strada dove è stato ritrovato. Il resto non sono altro che maldestri tentativi di depistare le indagini da parte di Barbara Pasetti, 40 anni, sulla morte di Luigi Criscuolo, 60 anni, meglio conosciuto con il nomignolo di Gigi Bici, riferito al suo famoso negozio di biciclette dove lavorava prima di andare in pensione.
L’uomo era sparito da casa l’8 novembre 2021, di seguito era stata ritrovata la sua auto, nelle campagne di Cura Carpignano, con evidenti tracce di sangue ed altri indizi che avevano fatto pensare subito ad un omicidio. Anche la vettura sarebbe stata spostata per far ricadere le responsabilità del delitto su soggetti terzi. Il cadavere di Criscuolo veniva ritrovato il 20 dicembre successivo, accanto all’ingresso secondario dell’ex cenobio francescano dove abitava la Pasetti. In effetti, come poi confermerà la stessa indagata, l’uomo sarebbe stato ucciso nel cortile di casa mentre si trovava all’interno della sua Volkswagen Polo con il finestrino abbassato e mentre discuteva animatamente con la donna.
L’arma del delitto è proprio quella rinvenuta in casa Pasetti e riconducibile a una vecchia 7.65, di proprietà di Criscuolo, con la quale il pensionato avrebbe dovuto “regolare i conti” con l’ex marito della rea confessa, Gian Antonio Toffano, a fronte di soldi che la donna gli aveva prestato e che non erano stati ancora restituiti. Gigi Bici prima avrebbe accettato, poi si sarebbe tirato indietro immaginando di beccarsi un bel po’ di anni di galera per un omicidio di cui non aveva intenzione di macchiarsi.
La Pasetti, atteso il diniego determinato della vittima, avrebbe sparato a Criscuolo che si accasciava dentro l’auto sporcandola di sangue da cui poi era stato estratto il suo dna. La reclusa ha spiegato agli inquirenti come si sia trattato di un delitto d’impeto, frutto di rabbia irrefrenabile che l’avrebbe portata a premere il grilletto. La sua confessione, che risale al 5 ottobre scorso, è stata resa nota dalla Procura il 28 gennaio in occasione del provvedimento di chiusura delle indagini notificato al difensore di fiducia, l’avvocato Irene Valentina Anna Anrò.
Dopo l’ammissione di responsabilità da parte della presunta assassina gli uomini della Squadra Mobile di Pavia erano tornati nell’antico convento e avevano sequestrato una lettera, una bicicletta e una corda per sottoporli a più approfondite verifiche di natura dattiloscopica e genetico-molecolare. Nella corda c’erano tracce di sangue dunque sarebbe servita per trasportare il cadavere di Gigi Bici dal cortile o, meglio, dal ricovero dove era stato custodito fino al retro della casa dove poi la donna l’avrebbe fatto ritrovare in avanzato stato di decomposizione e sotto una vasta coltre di foglie e rovi. La bicicletta, invece, sarebbe stata stimata da Criscuolo per conoscerne il valore economico ma forse si sarebbe trattato di un ennesimo trucco per attirare la vittima in casa del suo assassino. La lettera non sarebbe altro che una scrittura privata ovvero un riconoscimento di debito trascritto dall’ex marito della donna a favore della Pasetti, che gli aveva prestato quel denaro.
Forse la Pasetti l’avrebbe fatto vedere a Criscuolo al quale potrebbe aver dato proprio quel “contratto” a garanzia di quanto il pensionato avrebbe dovuto riscuotere dopo l’aggressione a Gian Antonio Toffano. Il resto ovvero la banda dei russi, il riscatto di oltre 300mila euro e il tentativo di spillare soldi alla famiglia della vittima qualora questa non avesse finito il lavoro iniziato da Gigi rappresentano l’appendice del delitto:
”Il prolungamento delle indagini – ha spiegato il procuratore Fabio Napoleone – è stato necessario al fine di ricevere conferma di taluni dettagli forniti dalla persona sottoposta alle indagini e relativi alle specifiche modalità di esecuzione del delitto, alle ragioni che l’avevano portata ad avere rapporti personali con Criscuolo e anche alle condotte da quest’ultimo perpetrate nei confronti della stessa Barbara Pasetti e che hanno poi condotto al tragico epilogo”.