Il carabiniere morì nel conflitto a fuoco per la liberazione dell’imprenditore Vallarino Gancia, tenuto prigioniero dai terroristi vicino ad Acqui Terme.
Torino – Si è chiusa la nuova inchiesta condotta dai Carabinieri del Ros, e coordinata dalla Procura di Torino, sulla morte dell’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso, ucciso in un conflitto a fuoco con le Brigate Rosse, fuori dalla cascina Spiotta, vicino ad Acqui Terme, il 5 giugno 1975.
All’interno era tenuto sotto sequestro l’imprenditore Vallarino Gancia e quando i carabinieri tentarono il blitz, riuscito, per liberarlo nello scontro persero la vita il militare, della cui morte ora sono accusati il brigatista Lauro Azzolini e il capo storico delle Br, Renato Curcio, e la moglie di Curcio Stesso, Margherita “Mara” Cagol. L’avviso di conclusione indagine coinvolge anche un altro capo delle Br, Mario Moretti, e Pierluigi Zuffada, tutti indagati per l’omicidio di D’Alfonso.
Le indagini ipotizzano che il brigatista presente sul luogo del sequestro al momento del blitz sia Azzolini, processato e prosciolto già una volta per la vicenda. Ma nuovi rilievi sulla relazione interna alle Br su quanto accaduto lo collegherebbero al delitto. Il giudice per le indagini preliminari aveva già revocato la sentenza del 1987, consentendo la prosecuzione dell’inchiesta ora conclusa. Azzolini ha invece ribadito a più riprese la sua estraneità ai fatti.
Tutto era partito da un esposto del figlio di D’Alfonso, Bruno, intenso a far luce sull’identità dell’altro brigatista coinvolto nella sparatoria, che riuscì a fuggire. Curcio, tra i fondatori delle Brigate Rosse, sentito per quattro ore dai pm, non ha svelato il nome del terrorista fuggitivo. Così come ha negato di aver voluto e organizzato il sequestro. Ha invece rilanciato un altro interrogativo legato a questa vicenda: chi sparò a Mara Cagol? Posto, ha aggiunto, “che mia moglie era senza dubbio disarmata e con le mani alzate”.