Su “The Lancet” le cifre: dal ’90 ad oggi la popolazione affetta da questa patologia è cresciuta del 5% con un picco del 14% nel Sud Italia.
Roma – L’obesità produce danni alla salute e alla collettività. L’obesità è definita, dalla medicina ufficiale, come un eccessivo accumulo di grasso corporeo in relazione alla massa magra, in termini sia di quantità assoluta, sia di distribuzione in punti precisi del corpo. Ebbene questa patologia, perché di una vera e propria malattia si tratta e non di un fattore di rischio, riguarda una popolazione tra i 4 e i 5 milioni di persone, con i bambini che restano obesi per l’80% dei casi. Inoltre, rappresenta la più grande contraddizione della nostra civiltà, con l’opulento occidente che ha cibo in abbondanza, fino ad ingozzarsene e ad ammalarsene, e il terzo mondo che muore, letteralmente, di fame.
L’immagine emblematica, descrivente come siamo inondati dal cibo a tutte le ore, è quella degli hamburger giganti, da cui colano rivoli di grasso, ketchup, salse e vari ammennicoli del genere, che circola in rete ed è visibile nella cartellonistica pubblicitaria o davanti a qualsiasi pub. Come è risaputo, si tratta di cibo malsano e ipercalorico, il cosiddetto “junk food” (cibo spazzatura) caratterizzato da uno scarso valore nutrizionale, perché povero di proteine, fibre e vitamine e da un alto contenuto calorico, in quanto ricchi di zuccheri semplici, grassi e sale e pieni di additivi alimentari. Se ci si fa un giro sui social, balza all’occhio che questo tipo di cibo è presente dappertutto, perché il marketing pubblicitario è molto abile a sedurre anche i ragazzini. Come si comprende, si tratta di un fenomeno sociale che riguarda la sanità pubblica. I numeri summenzionati sono in crescita e pubblicati nel febbraio scorso dalla rivista “The Lancet”, periodico scientifico inglese in ambito medico.
Dal 1990 ad oggi la popolazione obesa è cresciuta del 5% con un picco del 14% nel Sud Italia. A parte i conclamati problemi per la salute, tra cui diabete e malattie cardiovascolari, gli effetti devastanti si abbatteranno anche sul Servizio sanitario nazionale. Infatti, entro il 2050, si stima che la sua influenza economica, arriverà, mediamente all’8,4% della spesa sanitaria totale nei Paesi Ocse. Quest’ultima è un’organizzazione internazionale di studi economici per i paesi membri, sviluppati e aventi in comune un sistema di governo di tipo democratico ed un’economia di mercato. Essendo una malattia, non mancano efficaci trattamenti, farmacologici e chirurgici. La chirurgia bariatrica è il trattamento che permette la maggiore e duratura perdita di peso. Tuttavia da sola non garantisce un’automatica e sicura guarigione, ma rappresenta uno strumento di supporto della persona obesa nella perdita di peso a lungo termine. Secondo i dati diffusi, i 2/3 di soggetti obesi che hanno utilizzato questo trattamento mostrano una perdita di peso del 50% di quello in eccesso nell’arco dei 10 anni successivi all’intervento e oltre se aderiscono ad un’adeguata terapia comportamentale. Inoltre, aspetto da tenere in considerazione, questo tipo di chirurgia ha un rapporto costi/benefici molto vantaggiosi e, spesso, consente un notevole risparmio sui costi socio-sanitari rispetto all’approccio conservativo.
Per coloro che, per una serie di ragioni, non possono avvalersi del trattamento chirurgico, non resta che la farmacologia, che, però, non è per tutte le tasche, dati i suoi esorbitanti costi. Non è che la chirurgia o i farmaci possano, da soli, debellare il problema. Possono fare molto, ma di fronte ad un fenomeno che sta deflagrando, la migliore cura è la prevenzione, soprattutto da parte della famiglia e della scuola. Se l’80% dei bambini resta obeso anche da adulto, è chiaro che la componente genetica conta molto, però qualche domanda sull’influsso negativo delle agenzie educative (scuola e famiglia) andrebbe fatta. Così come andrebbe abolito il biasimo collettivo delle persone obese, come se la malattia dipendesse dalla loro volontà, anche da parte degli stessi medici. Si riscontra, purtroppo, una certa impreparazione da parte di entrambe. Insomma c’è ancora tanto da fare per evitare che l’obesità sia un problema individuale, collettivo e di salute pubblica!