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Nuova archiviazione per via Poma: ma la parola fine non è stata scritta

Per evitare che il delitto Cesaroni diventasse un ennesimo cold-case la legale della famiglia aveva presentato un esposto con elementi ritenuti importanti.

Roma – Dopo 33 anni l’omicidio di Simonetta Cesaroni diventerà uno dei tanti cold-case della cronaca giudiziaria italiana. La Procura capitolina, infatti, ha chiesto l’ennesima archiviazione per uno dei delitti più turpi che la Roma degli anni ’90 ricordi. Dunque rimarrà senza un volto l’assassino della ventenne di Cinecittà morta ammazzata con 29 coltellate all’interno degli uffici di via Poma dell’associazione italiana degli Ostelli della gioventù, in quartiere Vittoria, dove la ragazza lavorava.

L’arrivo della polizia in via Poma dopo la scoperta dell’omicidio

L’ultimo fascicolo, in ordine di tempo, era stato aperto contro ignoti nel marzo del 2022 e gli investigatori procedevano per omicidio volontario. Nell’istanza di riapertura dell’inchiesta la famiglia della vittima aveva chiesto agli inquirenti di verificare gli alibi di alcune persone già coinvolte nella vicenda e presenti negli atti dei precedenti faldoni. La Procura aveva riaperto le indagini dopo la presentazione di un secondo esposto da parte di Paola Cesaroni, sorella di Simonetta, nel quale erano indicati diversi uomini che potevano essere presenti in via Poma il 7 agosto del 1990. Soggetti i cui spostamenti non sarebbero stati oggetto di accertamenti.

Simonetta Cesaroni conosceva il suo killer?

La polizia giudiziaria di piazzale Clodio, al termine di una ventina di audizioni convocate come persone informate sui fatti e dopo una nuova analisi degli atti, chiedeva al Giudice per le indagini preliminari l’archiviazione del caso:

Lo scorso 16 novembre avevamo presentato un altro esposto con elementi molto importanti e del tutto nuovi – ha detto l’avvocato Federica Mondani, legale di fiducia della famiglia Cesaroni – La richiesta potrebbe essere stata fatta prima del nostro esposto, oppure potrebbero chiudere questa indagine per aprirne un’altra, con un nuovo fascicolo…”.

Il cadavere della vittima presentava morsi sul collo e sul seno

Pare che nell’ultimo esposto ci siano informazioni, rilevate attraverso moderni sistemi investigativi, per le quali la Procura dovrebbe procedere con nuove analisi. Se le verifiche eventualmente poste in essere dagli investigatori risultassero genuine la situazione potrebbe cambiare radicalmente. Almeno cosi sembra.

Nel corso di questi lunghissimi 33 anni di indagini si sono aperti e chiusi, con un nulla di fatto, numerosi procedimenti penali. Erano stati inquisiti, ma poi prosciolti, il fidanzato della vittima, Raniero Busco; il portiere di via Poma, Pierino Vanacore, poi suicidatosi nel 2010; Federico Valle, figlio dell’architetto Cesare Valle, all’epoca dei fatti abitante nello stabile dove avvenne il delitto. Tanti sospettati ma nessun colpevole. Per questo orrendo delitto Roberto Morassut, parlamentare del Pd insieme ai colleghi Michele Bordo e Walter Verini, avevano proposto l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta per fare luce sul delitto di via Poma, ma la richiesta è rimasta nei cassetti della Commissione giustizia:

Roberto Morassut

Sono sempre stato convinto che si sia trattato di un femminicidio con qualcosa di più profondo – ha detto l’onorevole Morassut – Avevo proposto l’apertura di una commissione parlamentare d’inchiesta, ma non fa passi avanti. Evidentemente perché si considera questa vicenda non un delitto di Stato, ma un fatto di cronaca. Grave, ma pur sempre un fatto di cronaca…Non penso ci sia nulla da commentare, restiamo in attesa di una decisione definitiva. Molti personaggi che potevano aver avuto un ruolo nella vicenda non ci sono neanche più“.

Dopo qualche mese dalla riapertura dell’inchiesta saltava fuori un audio relativo ad una intercettazione telefonica che in molti pensavano potesse dare una reale svolta alle indagini. Per la Procura, invece, quell’indizio non deve essere stato sufficiente per mantenere in vita il fascicolo. L’omicidio di Simonetta, per altro, non è stato privo di depistaggi e inquinamenti di prove sin dall’inizio:

Antonio Del Greco

Quando sono arrivato sulla scena del crimine la situazione era confusa – racconta Antonio Del Greco, il poliziotto che all’epoca si occupò del caso – c’erano tante persone nell’appartamento e la scena del crimine era già stata inquinata. La ragazza era seminuda, aveva solo un top arrotolato sul seno, distesa a terra con la pancia all’aria, un alone rosso dietro alla testa e ventinove colpi di stiletto, riconducibili forse ad un tagliacarte. Le uniche tracce di sangue infinitamente piccole erano sulla tastiera di un telefono e una piccola striatura sulla porta, non sufficienti per confrontarle con quello delle persone che hanno avuto un ruolo nell’inchiesta”.

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