L’area di stoccaggio già al completo di Aube in Francia, è previsto un secondo più grande contenitore nel centro della Francia.

NUCLEARE INDIETRO TUTTA

Entro il 2025 l’Italia dovrà trovare un sito a prova di bomba dove stoccare i propri rifiuti nucleari. Le scorie da anni giacenti in altri paesi europei torneranno nel Bel Paese ma chi se la sente di affrontare l’argomento in campagna elettorale?

ROMA – Lo sapevate che anche banana e avocado sono radioattivi? Niente paura però, il loro tasso di radiazioni e infinitesimale e quasi del tutto innocuo a sentire l’autorevole parere della North Carolina State University che ha effettuato uno studio sulle contaminazioni domestiche delle emissioni nucleari contenute in mille cose di uso quotidiano. Tutt’altro che pacifiche, di contro, sono le radiazioni di scorie nucleari di varia tipologia, sommergibili in disarmo, rifiuti sotterrati magari nel terreno vicino casa, discariche abusive, cave con cessata produzione, centrali atomiche dismesse e cosi via dicendo che nel nostro Paese abbondano un po’ dappertutto, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia.

Il sito sotterraneo di Onkalo in Finlandia destinato a stoccaggio RX.
Il sito sotterraneo di Onkalo in Finlandia destinato a stoccaggio RX.

Ma adesso c’è il rischio che tutti i rifiuti radioattivi che avevamo sbolognato all’estero (pagando viaggio e deposito fior di milioni di euro) ritornino a casa gratis et amore dei perché ogni nazione, si è deciso nei piani alti della politica internazionale, dovrà smaltire e stoccare le proprie “schifezze” a raggi x e non quelle degli altri. Entro il 2026 dunque anche l’Italia dovrà dotarsi di un enorme serbatoio a prova di bomba dove interrare, in fusti d’acciaio, qualsiasi rifiuto contaminato nel massimo della sicurezza ovvero dentro un impianto di stoccaggio che limiti al minimo i pericoli della percolazione e della perdita di sostanze tossiche letali come i micidiali Cesio, Uranio, Iodio, Stronzio ed altri letali componenti chimici che se lasciati fuoriuscire creerebbero catastrofi simili a quella di Cernobyl, tanto per fare un esempio noto a tutti.

In Italia però, come al solito, siamo messi male. Nel senso che rischiamo (anzi ne siamo certi) che non arriveremo al 2025 muniti di un adeguato centro di interramento come hanno fatto di già Francia e Finlandia, dunque che cosa accadrà nel nostro Bel Paese una volta che arriveranno i convogli della morte? Riapriremo la miniera di Pasquasia in Sicilia o la ex cava Piccinelli nel Bresciano? Da noi è buio fitto. Anche se qualcosa si è mosso tra gli alti ranghi del ministero dell’Ambiente rimane top-secret la Carta delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. A tutt’oggi pare non ci sia stato il nulla osta da parte dei dicasteri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico alla relativa pubblicazione del progetto senza la quale non possono avviarsi i 4 mesi di consultazioni pubbliche. C’è da dire che tutte le regioni d’Italia hanno detto no al centro di stoccaggio nel loro territorio nonostante gli incentivi ed i posti di lavoro, oltre che agli indennizzi, di cui usufruirebbe la zona interessata. Uno per tutti parla Fabio Chiaravalli, direttore della divisione Ambiente – radioprotezione – sicurezza e qualità della Sogin, la società  statale incaricata dello smaltimento di centrali nucleari:”… E’ ora che l’Italia si adegui alle pratiche internazionali – ha detto in più occasioni Chiaravalli – e come tutti gli altri Stati si doti di un deposito nazionale. Ad oggi il problema dei rifiuti radioattivi non è un’emergenza perché nella gran parte dei casi sul nostro territorio sono gestiti in sicurezza ma lo diventerà tra qualche anno quando non ci sarà più spazio… In passato occorre ammettere che c’è stata scarsa informazione. Un tema fondamentale da chiarire è che il deposito nazionale pur essendo un impianto è completamente diverso da un impianto di produzione di energia elettrica da fonte nucleare. Non c’è un processo produttivo e quindi incidenti clamorosi come esplosioni e incendi non è possibile che avvengano…”. Va da sé che non è cosi.

Fabio Chiaravalli, della Sogin, società pubblica responsabile dello smantellamento (decommissioning) degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, compresi quelli generati dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca.
Fabio Chiaravalli, della Sogin, società pubblica responsabile dello smantellamento (decommissioning) degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, compresi quelli generati dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca.

Qualsiasi impianto nucleare o di stoccaggio ha i suoi pericoli e i disastri ambientali causati dalle radiazioni (almeno quelli eclatanti e che si sono risaputi) sono sotto gli occhi di tutti, ancora oggi. Ma questo non vuol dire che l’Italia debba essere sempre il fanalino di coda e che nessuno, politicamente, intenda occuparsene fattivamente perché farlo equivarrebbe ad assumersene la paternità. In un momento da campagna elettorale come quello che stiamo vivendo chi metterebbe mani sul nucleare senza rischiare di perdere consensi? Per carità.

Centrale nucleare “Enrico Fermi” di Trino, in provincia di Vercelli, vicinissima alle più grandi risaie d’Italia.
Centrale nucleare “Enrico Fermi” di Trino, in provincia di Vercelli, vicinissima alle più grandi risaie d’Italia.
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