Il ministro della Giustizia attacca la prassi investigativa attuale definendola incostituzionale e annuncia modifiche normative per tutelare la privacy digitale dei cittadini.
Roma – Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha lanciato un duro attacco contro l’attuale prassi investigativa che prevede il sequestro dei dispositivi mobili durante le indagini, definendola una “perversione” che viola i principi costituzionali fondamentali. Un linguaggio forte che testimonia la determinazione del Guardasigilli nel portare avanti una delle questioni più controverse della sua agenda politica.
Le dichiarazioni di Nordio, rilasciate al termine del Consiglio UE Giustizia a Lussemburgo, puntano il dito contro “l’eccessiva facilità” con cui i magistrati possono impossessarsi dei contenuti dei telefoni cellulari. “Devolvere al pubblico ministero solo con una firma la possibilità di impadronirsi della marea di notizie presente su un cellulare, violando il principio dell’articolo 15 della Costituzione che dice che la segretezza è inviolabile, non è accettabile”, ha dichiarato il ministro.
Una posizione che riflette il tradizionale approccio garantista di Nordio, già emerso in passato quando, da magistrato, aveva criticato quello che – lo stesso Guardasigilli – aveva additato come “eccessi del sistema giudiziario”. La semplificazione procedurale (“solo con una firma”) evidenzia quello che il ministro considera un vulnus nel rapporto tra potere giudiziario e diritti individuali.

Nordio ha annunciato che il governo opererà per modificare questa situazione, considerata lesiva dei diritti costituzionali dei cittadini. Il riferimento all’articolo 15 della Costituzione, che garantisce l’inviolabilità della corrispondenza e delle comunicazioni private, rappresenta il fulcro dell’argomentazione del ministro, anche se gli esperti legali sottolineano che la giurisprudenza ha già definito parametri specifici per i sequestri digitali.
La mafia non usa più i cellulari tradizionali
Durante la colazione di lavoro con i ministri dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea, è emerso un dato che supporterebbe la tesi di Nordio. I rappresentanti europei si sono mostrati concordi sul fatto che “la mafia non comunica con il telefonino o il tablet ma ormai si serve di piattaforme ultra sofisticate che non sono intercettabili con i mezzi ordinari”.

Un’affermazione che, pur contenendo elementi di verità sull’evoluzione tecnologica delle organizzazioni criminali, potrebbe essere considerata eccessivamente generalizzante. Le cronache giudiziarie recenti dimostrano infatti che molte indagini antimafia continuano a fare ampio uso di intercettazioni telefoniche e ambientali, spesso decisive per smantellare interi clan.
Questa considerazione rende, secondo il ministro, “assurda la polemica sulla limitazione delle intercettazioni che farebbe un favore alla mafia”. Un argomento che suona come una risposta alle critiche dell’opposizione e di parte della magistratura, che accusano il governo di voler limitare gli strumenti investigativi più efficaci.
Il cellulare come archivio della vita privata
Nordio ha evidenziato la natura invasiva del sequestro di un dispositivo mobile, spiegando che “bisogna essere molto cauti quando si sequestrano un telefonino e un tablet, perché non sequestri soltanto le conversazioni che in teoria potrebbero essere utili alle indagini ma sequestri una vita”.

“Dentro al telefonino non ci sono soltanto chiacchierate: ci sono le fotografie, le cartelle cliniche, le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni delle terze persone che parlano con le quarte persone”, ha specificato il ministro. A quel punto le indagini potrebbero coinvolgere non solo l’indagato ma anche una cerchia potenzialmente ampia di soggetti terzi.
Il consenso europeo sul bilanciamento dei diritti
Durante l’incontro di Lussemburgo è stato affrontato anche il delicato tema del “bilanciamento tra il diritto alla privacy, che hanno i cittadini, e il dovere di condurre delle indagini attraverso intercettazioni e captazioni di notizie che ovviamente viola questa privacy”. Secondo Nordio, tra i ministri europei “c’è stata praticamente una consonanza di vedute” su questa problematica.
Il richiamo al consenso europeo appare strategico: Nordio sa bene che le sue posizioni vengono spesso criticate come troppo permissive verso la criminalità e il supporto internazionale rafforza la legittimità delle sue proposte. Tuttavia, sarebbe interessante conoscere i dettagli di questa “consonanza di vedute” e capire se si tratti di una convergenza di principio o di soluzioni operative concrete.