Il presunto killer del cameriere algerino, freddato con tre colpi di pistola in pieno centro a Palermo, è un collega tunisino che lavora ai tavoli di un locale vicino a quello dove era impiegata la vittima.
PALERMO – L’ha freddato con tre colpi di pistola perché gli fregava i clienti del ristorante. Dopo una rapida indagine il presunto assassino è stato arrestato ma ha negato ogni responsabilità. Il corpo senza vita di Badreddine Boudjemai, detto Samir, 41 anni, cameriere algerino, sposato con due figli, è stato riconsegnato alla famiglia dopo l’autopsia. Secondo tradizione la salma dell’impiegato è stata lavata e avvolta in un lenzuolo bianco per poi essere riposta nella bara tra le urla di dolore della madre, della moglie e della sorelle e tra le lacrime dei tanti amici accorsi nella camera mortuaria del Policlinico di Palermo.
Dopo la cerimonia funebre officiata dall’Imam Boulalaam Abderrahmane il feretro è stato trasferito in aereo in Algeria dove verrà seppellito. L’uomo è morto ammazzato con tre colpi di pistola sparati a distanza ravvicinata la notte fra il 3 ed il 4 novembre nella centralissima via Roma. Dopo meno di tre giorni di serrate indagini i carabinieri del Nucleo investigativo fermavano Alì El Abed Baguera, tunisino di 32 anni, anche lui cameriere ai tavoli del ristorante “Magnum”, vicino a quello in cui lavorava la vittima. Secondo le indagini dei militari, coordinate dal procuratore aggiunto Ennio Petrigni e al sostituto Vincenzo Amico, sarebbe stato proprio lui a premere tre volte il grilletto contro Samir senza lasciargli scampo.
L’uomo era giunto in Sicilia nel 2010 per trovare la sorella più piccola di nome Fella, mediatrice culturale di Medici senza Frontiere. Ed è proprio la donna a tracciare un profilo del povero fratello:
”Un uomo sempre sorridente, legato profondamente alla sua famiglia, soprattutto ai suoi due bambini – racconta la mediatrice – era sposato con una donna di origini tunisine che gli ha dato due splendidi bambini, una femminuccia che oggi ha 4 anni e un maschietto di appena 8 mesi. Dopo il secondo figlio la moglie ha smesso di lavorare per accudirli. Era mio fratello a pensare a tutto. Lavorava dalla mattina alla sera solo per loro, non prendendo mai neppure un giorno libero”.
Il cameriere serviva ai tavoli “Appetì”, un noto ristorante di via Emerico Amari e appena uscito dal locale, nella nottata fra il 3 ed il 4 novembre, stava tornando a casa dopo la fine del suo turno:
“Ogni giorno – aggiunge Fella – mandava un messaggio alla moglie per dirle che aveva finito il lavoro e che stava tornando a casa. Lo ha fatto anche la notte dell’omicidio ma a casa non è più tornato…Il suo lavoro gli piaceva. Serviva ai tavoli, parlava coi clienti con dolcezza, intrattenendoli con le sue battute. Una persona sempre allegra. Quando accoglieva la gente al ristorante, prima di farli accomodare, gli regalava un sorriso”. Quel sorriso spezzato da tre colpi di pistola sparati in pieno centro storico e quasi a bruciapelo che lo hanno colpito al torace e alla nuca senza possibilità di salvezza.
Differente invece la storia del presunto assassino che sarebbe arrivato in Italia nel 2018 con uno dei tanti barconi approdato a Lampedusa. All’interno dell’hot-spot, per problemi di criticità nell’ospitalità, avrebbe preso parte con altri stranieri ad una rivolta durante la quale erano stati bruciati materassi e suppellettili. Per questi fatti Alì El Abed Baguera si era beccato una condanna lieve con pena sospesa ottenendo dal tribunale di Sorveglianza l’affidamento in prova nel locale di un parente dove lavorava dal maggio dell’anno scorso. Poi l’accusa di omicidio volontario premeditato che l’indagato respinge fermamente sin dal suo arresto nonostante abbia fatto alcune affermazioni, poi ritrattate davanti al Gip Angela Lo Piparo, sull’arma del delitto, non trovata, e sul giubbotto che indossava la notte del delitto. I video di alcune telecamere, però, inchioderebbero il cameriere tunisino, difeso dall’avvocato Salvino Caputo:
” Sono stato al locale dalle 11.30 del mattino e non mi sono mai allontanato – ha detto Baguera davanti agli inquirenti – Lavoro da mio cugino, come previsto dal tribunale, e alle 23.45 mi sono diretto verso casa, nella vicina via Benedetto Gravina, ospite di mia cugina e del marito, con quel delitto non c’entro affatto. Non mi rovino la vita per un cliente in più o in meno”. Le telecamere, però, raccontano tutta un’altra storia.