Non solo BIO ma anche impegno sociale

La sfida del cibo biologico, la ricetta di SEED-Italia e della cultura del sano che guarda alla solidarietà sociale. Un metodo innovativo che parte dall’agricoltura e arriva ai più bisognosi.

PAVIA – Carlo Besostri, imprenditore agricolo del settore risicolo della Lomellina, in nome di un modello di agricoltura fortemente legata al territorio ed ecosostenibile, ha ideato e realizzato l’impresa sociale S.E.E.D. (acronimo di Semina, Educa, Evolvi, Dona) che interviene sul tema del cibo biologico su cui si è fatto il punto a Bologna alla Festa del BIO.

Pavia – Con oltre 2,46 milioni di ettari coltivati a biologico, 94.400 operatori, di cui 84.191 aziende agricole, l’Italia si conferma tra i Paesi leader in Europa per la produzione di alimenti biologici certificati. Il cibo biologico celebrato a Bologna sabato 19 ottobre, è stato al centro della prima tappa della settima edizione Festa del BIO, organizzata da FederBio. A che punto siamo in questa sfida?

Bologna accoglie la settima edizione della Festa del BIO

“La mia sfida è quella di un riso 2.0 ma con radici ben salde nella tradizione – dice Carlo Besostri – e l’ambizione di far incontrare produttori e consumatori attorno ad un concetto di agricoltura condivisa e sostenibile. Da questo assunto scaturisce la volontà di stabilire una connessione virtuosa tra passato, presente e futuro del riso da cui è nata l’impresa sociale S.E.E.D. (pronuncia sid, seme in inglese), progetto che ha nell’acronimo della ragione sociale la sua esplicita definizione: Semina, Educa, Evolvi, Dona. Il punto di partenza è di certo un modello di agricoltura ecosostenibile, attento alle risorse naturali, rispettoso dei diritti del lavoratore e delle esigenze tanto del produttore che del fruitore, il tutto declinato in un’inedita alleanza tra questi ultimi”.

I dati ci dicono che con il 20% del totale delle superfici coltivate a bio, il nostro Paese è sempre più vicino all’obiettivo del 25% entro il 2027 previsto dal Piano Strategico Nazionale della PAC e in linea con le strategie europee. E’ la strada giusta?

“E’ sempre più evidente che sta prendendo piede una politica che vede al centro la valorizzazione di un’alimentazione sana e a basso impatto sull’ambienteaggiunge Besostri – che tutela gli ecosistemi, la biodiversità ed è in grado di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. Ma occorre accelerare sulla transizione agroecologica, di cui il biologico rappresenta il fiore all’occhiello. E senza un significativo aumento della domanda di prodotti bio, l’intera filiera non può disporre delle risorse necessarie per crescere come dovrebbe. Occorre diffondere la cultura del bio, sensibilizzando i cittadini al giusto approccio per far volare un settore che mette al centro il benessere dell’uomo e la sicurezza alimentare. SEED da un lato garantisce al produttore, specialmente al piccolo, un ricavo garantito, sottraendolo alla spada di Damocle delle oscillazioni dei prezzi, spesso frutto di meri calcoli speculativi; dall’altro soddisfa il consumatore con un prodotto italiano di alta qualità ottenuto nel pieno rispetto dei disciplinari che regolano la produzione biologica.”

Carlo Besostri presidente SEED-ITALIA

Come si struttura il modello SEED?

“Su una superficie di 270 ettari di terreno, solo una parte residuale viene coltivata con metodi convenzionali – continua il presidente di Seed – il resto segue scrupolosamente le tecniche e le regolamentazioni dell’agricoltura biologica. Non solo: abbiamo investito nell’energia pulita, installando pannelli fotovoltaici e costruendo una centrale a biomassa. Quest’ultima è alimentata con sottoprodotti agricoli e scarti di lavorazione del legno, contribuendo così a ridurre l’impatto ambientale. La nostra scelta sul biologico è vecchia di almeno vent’anni e in qualche modo già preannunciava uno dei capisaldi che regge SEED: estromettere la chimica dai campi significa rispettare il territorio e le falde acquifere, la salute dei lavoratori e ovviamente quella dei consumatori”.

L’agricoltura è uno dei pilastri su cui si fonda il Piano Mattei per l’Africa, di cui il governo è protagonista. Lo scenario è allarmante, tra le minacce del cibo sintetico che avanza, e la grande anomalia evidenziata dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida del continente africano che “ha il 60% delle terre arabili, la forza lavoro più giovane del mondo, ma non è in grado di essere autosufficiente a livello alimentare”.

“L’agricoltura sfama l’umanità da millenni e credo che debba continuare a farlo – conclude Carlo Besostri – anche e soprattutto per chi non può permetterselo. Ancora di più adesso che la povertà è diventata endemica perfino in Italia. Ma per il successo del progetto non bastano solo gli investimenti finanziari messi a punto. Occorre esportare in Africa il nostro know-how, fatto di personale esperto, macchinari e un bagaglio formativo e tecnologico capace di creare aziende, lavoro e prodotti agricoli di qualità in quei territori. Dobbiamo accompagnare l’Africa nell’intero iter per arrivare all’autosufficienza alimentare, senza abbandonarla, finché non sarà in grado di andare avanti con le proprie gambe”.