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“Non lasciate Monia sola con il bambino”: così lo psicologo lanciò l’allarme

La madre di Pedrengo accusata dell’infanticidio dei due figlioletti avrebbe allontanato il padre e l’ex compagno dicendo di attendere un’amica. Una bugia rivelatasi mortale.

PEDRENGO (Bergamo) – Madre degenere avrebbe ammazzato i suoi due figli neonati perché non sopportava i loro pianti. Poi rimane muta davanti al Gip durante l’interrogatorio di garanzia e minaccia il suicidio. Monia Bortolotti, 27 anni, accusata dell’infanticidio dei due figlioletti, Mattia di 2 mesi e Alice di 4, è stata trasferita dal carcere di Bergamo all’ospedale Papa Giovanni XXIII dopo aver paventato gesti autolesionistici nelle ore successive all’arresto avvenuto il 5 novembre scorso. Oltre Federica Gaudino, giudice per le indagini preliminari, hanno partecipato all’interrogatorio il Pm Maria Esposito, titolare dell’inchiesta, e l’avvocato Luca Bosisio, legale di fiducia della donna. Secondo gli inquirenti il movente dei presunti infanticidi sarebbe da ricondurre “all’incapacità della madre di reggere alla frustrazione del pianto prolungato dei bambini”.

Ma facciamo un passo indietro. Monia è nata a Calcutta, in India, nel 1996 ed è una delle ultime orfanelle di Madre Teresa ad essere adottata in Italia poco prima della morte della suora poi fatta santa. I suoi genitori adottivi, Pietro Bortolotti e Laura Brena, 63 anni entrambi, oggi separati, l’hanno fatta studiare a Gazzaniga, in Val Seriana. La giovane, insegnante di ballo, rimaneva incinta di Cristian Zorzi, 52 anni, verniciatore, e si trasferiva nella nuova casa di Pedrengo dove poi sarebbero morti i due neonati, in modi e circostanze diversi. Dopo un paio d’anni di convivenza nella loro abitazione di via Falcone e Borsellino, i due si lasciavano e Monia, scrivendo sul suo profilo Facebook, addebitava a Cristian la colpa della separazione per i presunti tradimenti di lui. La sfortunata coppia, il 15 novembre 2021, aveva perduto la primogenita Alice a causa di un rigurgito in culla. Allora i medici non avevano avuto dubbi sul decesso.

Via Falcone e Borsellino a Pedrengo

Ma a  seguito degli accertamenti eseguiti dai carabinieri, diretti dal maggiore Carmelo Beringheli, non pochi dubbi sarebbero emersi sul secondo decesso, ovvero quello del piccolo Mattia, spirato il 25 ottobre 2022 dopo solo due mesi di vita. Quel maledetto giorno sembra che Monia Bortolotti fosse rimasta sola con il bimbo all’insaputa dei familiari che la controllavano sempre a vista. La donna aveva detto al padre e all’ex compagno di attendere un’amica che a breve sarebbe giunta a casa per farle compagnia. I due uomini le avrebbero creduto e se ne sarebbero andati. I militari del nucleo Investigativo di Bergamo, di contro, non trovavano riscontri alle versione raccontata dalla donna ovvero non era stato fissato alcun appuntamento con la sedicente amica e non ve ne sarebbe stata traccia nemmeno su chat, messaggerie e telefonate.

Il piccolo Mattia, a soli 19 giorni di vita, era stato ricoverato in ospedale per una crisi respiratoria. Dopo le cure dei sanitari il bimbo veniva dimesso in buona salute. In quella triste occasione uno psichiatra aveva avuto modo di visitare Monia Bortolotti riscontrando, evidentemente, problemi psicologici gravi tanto da consigliare all’ex convivente e al padre adottivo di non lasciare mai soli mamma e figlioletto. Il 25 ottobre 2022 anche il bimbo spirava presumibilmente per soffocamento. La Procura orobica, infatti, ritiene che il neonato sia stato vittima di un abbraccio letale da parte della madre.

I due bimbi morti

Le indagini venivano approfondite con la riesumazione del cadavere di Alice che veniva sottoposta ad esame autoptico ma le cattive condizioni del corpo, aggredito dalla decomposizione per il danneggiamento della bara, non permettevano di giungere a risultati concreti. In entrambi i decessi, dunque, Monia era rimasta sola con i figlioletti e avrebbe usato un cuscino per soffocare Alice mentre avrebbe stretto forte fra le braccia Mattia sino all’asfissia. Poi l’epilogo: i carabinieri scoprono che l’indagata aveva affidato a Facebook una sorta di confessione scrivendola sul profilo Sids Awareness, dedicato alla sindrome delle morti in culla:

I carabinieri durante le indagini

”Ho perso la mia prima bimba in culla, soffocata da un rigurgito. La colpa è mia, per averla messa a dormire di lato sui suoi cuscinotti tanto morbidi – scriveva l’indagata il 30 agosto scorso – mentre il 13 ottobre successivo Monia proseguiva l’ammissione di responsabilità:”I sensi di colpa per non aver fatto abbastanza per i miei bambini, per non essere riuscita a salvarli, mi sta distruggendo. Quanto mai ho messo Alice a dormire di lato, quanto mai l’ho messa in culla. Quanto mai ho pensato a sistemare la casa mentre lei dormiva, quanto mai non l’ho controllata meglio. Perché diavolo mi son fatta la doccia?…Ed è proprio per questo che avevo promesso a Mattia, il suo dolcissimo fratellino, che sarei stata sempre sveglia a controllarlo e cullarlo giorno e notte. E invece sono crollata dal sonno per ben 3 volte dopo il suo ricovero. E l’ultima volta è stato quando, poco dopo, se n’è andato tra le mie braccia…Avendo avuto una mamma aggressiva psicologicamente, non riesco a concepire nemmeno la violenza verbale, tanto meno quella fisica, su nessun essere vivente, tanto meno i miei bambini. E ormai vivo per difendere il mio amore…”.

Il resto servirà ai magistrati per concludere definitivamente l’inchiesta..

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