Antonio De Pace strangolò la fidanzata Lorena Quaranta perché roso dall’invidia per la prossima laurea della ragazza. La Cassazione aveva annullato il carcere a vita, ribadito invece dal secondo appello.
FURCI SICULO (Messina) – E’ ancora fine pena mai per Antonio De Pace, 32 anni, infermiere vibonese e studente di odontoiatria, ritenuto colpevole dell’uccisione della fidanzata Lorena Quaranta, 27 anni, laureanda in Medicina, strangolata il 31 marzo del 2020. La Procura generale, nel corso del processo bis, aveva chiesto la condanna dell’imputato a 24 anni di carcere con il riconoscimento delle attenuanti generiche. La Cassazione, nel luglio scorso, in più, aveva annullato la condanna del carcere a vita per “stress da Covid”. Il 30 novembre la Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria ha invece confermato l’ergastolo all’infermiere calabrese, per altro reo confesso.
Gli Ermellini di piazza della Repubblica, quattro mesi fa, avevano deciso che all’imputato dovevano essere riconosciute le attenuanti generiche cosi come aveva fatto la Procura generale. Questo perché, quando si consumò il femminicidio, De Pace l’avrebbe attuato in preda ad “una condizione di agitazione”. In poche parole la pandemia avrebbe “ostacolato la pronta attivazione di quei presidi, di ordine psicologico, affettivo, relazionale, sanitario, diretti a mitigarne gli effetti e a prevenirne l’escalation”. E qualora cosi fosse stato l’assassino avrebbe potuto ottenere il rito abbreviato usufruendo del previsto sconto di pena. Lorena, originaria di Favara nell’Agrigentino, era iscritta all’ultimo anno della facoltà di Medicina ed era in procinto di laurearsi. Abitava a Furci Siculo, in provincia di Messina, con il suo “killer” ed era entusiasta del futuro impegno sanitario che avrebbe affrontato con coraggio e dedizione oltre che con una preparazione eccellente.
Premeditando il delitto nei minimi particolari, cosi come hanno sempre sostenuto gli inquirenti, De Pace, mostrando estrema possessione e ossessione nei riguardi della ragazza tramite messaggi telefonici spesso farneticanti, aveva ampiamente manifestato la propria inferiorità professionale atteso il suo ruolo sanitario “minore” rispetto a quello che avrebbe ricoperto la vittima. Tale pensiero ricorrente avrebbe provocato e incentivato la volontà di uccidere nell’uomo che non avrebbe esitato a picchiare brutalmente e poi strangolare la giovane studentessa sino a farle esalare l’ultimo respiro. I due avevano litigato sin dalla sera prima e l’alterco era continuato nel loro appartamento. Dopo averla ammazzata l’uomo tentava il suicidio tagliandosi le vene dei polsi per poi avvisare i carabinieri. All’epoca dei fatti l’imputato aveva riferito agli investigatori di essere colpito da un forte stato d’ansia generato dalla paura di essere stato contagiato dal Coronavirus insieme alla stessa Lorena. Ipotesi successivamente smentita dai tamponi effettuati su entrambi i giovani fidanzati dal personale sanitario.
Comunque stiano le cose al momento De Pace rimarrà nel carcere di Montorio Veronese ma il suo difensore, l’avvocato Bruno Ganino, annuncia un’altra battaglia ovvero un ricorso in avverso al fine pena mai:” Lo faremo – dice il penalista – basandoci sulle norme e sulle valutazioni di due procuratori generali, di Messina e Reggio Calabria, entrambi hanno chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche”.
Vincenzo Quaranta, papà della povera ragazza, sa bene che il calvario non è ancora finito ma affronterà con coraggio tutte le avversità:
” Fin da quando aveva 6 anni Lorena voleva fare la ginecologa – racconta il papà con dolore profondo – E lui, infermiere, si sentiva da meno, aveva un complesso di inferiorità nei suoi confronti. Lo dimostrano i messaggi che scriveva a Lorena e quello che lei gli rispondeva Non era né malato mentale, né c’era alcuno stress in quel periodo nero. La sera lui usciva: ci sono tutti i WhatsApp, andava a giocare con la Play. La pena è che deve uscire e rifarsi una vita? E la vita che ha tolto? Voi donne lottate, ma la giustizia si deve fare…Lei lo incoraggiava in tutto, ha fatto tutto per lui ma lui covava tutto dentro, indossava una maschera. Si sentiva da meno e per questo me l’ha ammazzata”.
Nell’ottobre del 2020, a qualche mese dalla sua tragica morte di Lorena, l’ateneo peloritano conferiva alla vittima la laurea in Medicina honoris causa. La tragica vicenda ricorda l’orribile morte di Giulia Cecchettin, uccisa a soli 22 anni dall’ex fidanzato Filippo Turetta.