Certo non basterà una passata nel microonde per scongelare i corpi ibernati finiti sotto ghiaccio nella speranza di un’altra vita. Cinque sono gli italiani che riposano nell’azoto liquido
MIRANDOLA (Modena) – Di ibernazione se ne parlava già agli inizi degli anni ’60 ma soltanto a livello di sperimentazione. La possibilità di vivere un’altra vita o di guarire da una patologia incurabile ha convinto centinaia di persone a finire, dopo la morte, sotto ghiaccio, con la speranza di risvegliarsi magari dopo un secolo completamente ristabiliti. Il sogno, ovviamente, non si è avverato ma la scienza è in rapida evoluzione e può darsi che fra altri cento anni il miracolo possa avvenire per la felicità di quanti ci hanno creduto. Il primo a finire nel congelatore è stato James Bedfor, docente di psicologia nell’università della California, morto a 73 anni.
L’uomo si è fatto ibernare il 12 gennaio 1967 ed il suo corpo è conservato presso la Alcor Life Extension Foundation, una delle tre compagnie al mondo che offrono il servizio. Il professor Bedford, morto di tumore, è stato conservato in un contenitore sotto vuoto e in azoto liquido prima a Glendale, in California, poi a Phoenix, in Arizona, per poi essere trasferito nel centro della Alcor a Scottsdale, sempre in Arizona, dove tuttora “dorme” sonni tranquilli. Nel 1991 il suo corpo è stato trasferito dal contenitore originale in uno più avanzato. Il corpo esaminato dagli esperti rivelava le fattezze di un maschio bene in carne di aspetto più giovane dell’età anagrafica. Va da sé che le ditte che si occupano di ibernazione, una in Russia e due negli Stati Uniti, non danno alcuna garanzia di “scongelamento” senza danni irreparabili dunque finire sotto ghiaccio non è altro che un atto di fiducia verso la scienza che potrebbe scoprire un metodo per far tornare in vita i corpi congelati. In Italia, a Mirandola, in provincia di Mantova, un giovane impresario di pompe funebri, Filippo Polistena di 43 anni, ha realizzato un settore aziendale “dedicato” a chi intende finire “surgelato” dopo la dipartita. L’idea dell’imprenditore pare abbia riscosso un discreto successo:
“…Ho avuto la fortuna avere una famiglia che dal 1860 si occupa di onoranze funebri – dice Polistena – mia madre preparava i fiori, mio padre i funerali e mio nonno il carro con i cavalli. A 11 anni mio padre mi ha portato a vestire il primo morto all’obitorio di Vibo Valentia, in Calabria, e mi disse guarda come faccio io. E così è stato…”. Recentemente un cliente ha parlato di crioconservazione all’imprenditore calabrese che si è subito documentato: “… Ho studiato ed ho scelto il metodo applicato dall’azienda Krio-Rus – aggiunge Polistena -che consiste nel raffreddamento della salma con ghiaccio secco e successivo trasporto in auto e aereo presso il centro di conservazione a Mosca. Il costo dell’operazione varia da seimila a settemila euro. Ho già spedito il primo cliente che intende rimanere anonimo. Una volta giunti presso il centro di conservazione russo la crioconservazione per almeno 100 anni costa 36.000 dollari…”.
Sono circa 400 le salme sotto ghiaccio in tutto il mondo ma le richieste superano le duemila unità. I rappresentanti “congelati” del Bel Paese sarebbero almeno cinque, fra questi ci sono Aldo Fusciardi, ibernato nel 2012; Ryabinina Galina, ibernata il 13 ottobre 2017 e Cecilia Iubei, ibernata il 7 aprile 2016, tutti “residenti” a Mosca. Per risparmiare, volendo, si può ibernare soltanto la testa ma anche in questo caso nessuna delle tre ditte assicura uno scongelamento ottimale e privo di gravi problemi di mantenimento del corpo. In oltre mezzo secolo di esperimenti le tecniche di conservazione, specie del sangue, si sono evolute. Per sostituire il liquido ematico, per esempio, non si usa più il dimetilsolfossido, un composto chimico dello zolfo oggi considerato fortemente tossico. Si utilizzano altre composti che, però, non garantiscono l’integrità dalle salma ed un suo ancora più improbabile risveglio: “…Io lo dico chiaramente ai potenziali clienti – conclude Polistena – attualmente la scienza non è in grado di restituire la vita ad un cadavere ibernato. Domani chissà…”. Le tre ditte garantiscono un lavoro a regola d’arte ma per la resurrezione dei morti dovranno attrezzarsi.