Minori migranti e sicurezza: sfide e soluzioni per una vera inclusione

Il rapporto Unicef “La nostra voce conta” evidenzia le difficoltà dei minori migranti in Italia: insicurezza, barriere linguistiche ed educative. Come ovviare al problema?

L’immigrazione è uno dei fenomeni più complicati che le società occidentali si trovano ad affrontare, soprattutto dei minori. L’Unicef ha presentato il rapporto “La nostra voce conta” che raccoglie e analizza i dati emersi dai sondaggi realizzati nel 2024 in Italia attraverso U-Report, una piattaforma pensata soprattutto per giovani migranti e rifugiati/e. Lo strumento fornisce informazioni utili su servizi sociali di base, leggi e regolamenti relativi a documenti e salute, eventi, attività ricreative e molto altro.

E’ emerso che il 60% soffre di ansia, stress e insicurezza ed ignora i servizi disponibili. Il 30% non fa parte di nessun percorso educativo e quasi il 50% inizia a studiare la nostra lingua non prima di due mesi. Il fenomeno, numericamente, è molto vasto. Secondo i dati del Ministero del Lavoro i minori stranieri non accompagnati a fine anno scorso sono 18.625, in maggioranza maschi. Il 15% ha meno di 14 anni e più del 50% ne ha 17.

Secondo i dati del Ministero del Lavoro i minori stranieri non accompagnati a fine anno scorso sono 18.625, in maggioranza maschi

Sono dislocati in gran parte in Sicilia e in Lombardia nel sistema di accoglienza italiano. I migranti minori, spesso, risultano assenti nelle politiche governative e nei mass media. Secondo il Comitato sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Unicef, la prima condizione da soddisfare è “la sicurezza per tutti i minori”. Bisogna proteggerli da tutte le forme di abusi e violenze. Le rilevazioni effettuate hanno evidenziato che essi avvertono diffidenza verso il genere, il colore della pelle e della religione. Il 50% circa ha percepito negli italiani sentimenti di paura e sospetto, mentre solo il 18% ha avvertito senso di umanità. Qualsiasi tipo di discriminazione, etnica, religiosa, genere, incide pesantemente sulla salute fisica e psichica, a maggior ragione se si proviene da contesti di guerra e violenze. Il Comitato ha invitato, quindi, le istituzioni a garantire l’accesso ai servizi per soddisfare i bisogni dei più piccoli.

Nel processo di accoglienza, un ruolo importante e riconosciuto dai minori è quello dei tutori, importanti per agevolare l’accesso ai documenti e fornire indicazioni per i percorsi scolastici e lavorativi. Un problema emerso è la mancanza di un sistema di accoglienza integrato che possa offrire gli strumenti utili per attuare le linee guida in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. Sono emersi numerosi ostacoli per l’iscrizione ai percorsi educativi e barriere all’accesso con lunghe attese per l’iscrizione.

Il supporto psicologico andrebbe rinforzato con perentorietà, soprattutto, visto il pregresso traumatico di chi è fuggito da guerre e fame.

Le criticità sono presenti anche nel mancato supporto linguistico e culturale. Per quanto riguarda la salute mentale, se quasi due terzi degli intervistati ha potuto godere dei servizi offerti, un terzo ha evidenziato mancanza di conciliazione oraria coi propri impegni. Inoltre, il 39% ha chiesto un’accessibilità senza ostacoli e il 14% informazioni più trasparenti. Il supporto psicologico andrebbe rinforzato con perentorietà, soprattutto, visto il pregresso traumatico di chi è fuggito da guerre e fame.

Un aspetto ben evidenziato dall’Unicef è l’importanza del sostegno attivo per l’inserimento nelle comunità locali per frenare l’isolamento sociale e la solitudine. Infine, la possibilità di poter usufruire di spazi sicuri e accessibili per le attività ludiche e sportive, in quanto come conclude il rapporto “è un ulteriore passo verso una società più inclusiva e rispettosa dei diritti di tutti e tutte”. Soprattutto, come recita il titolo del report “Dove la nostra voce conta”. Dovrebbe essere un prerequisito fondamentale di qualsiasi società che si definisce “civile e democratica”. O no?

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