Il noto calciatore, la cui difesa pare intenda ricorrere in Cassazione, è stato messo alla porta dal Santos e, come sembra, anche da altre società sportive dunque sino a sentenza definitiva Robinho rimarrebbe disoccupato.
Milano – Nel guardaroba di un noto locale milanese l’avrebbe violentata assieme ad altri cinque amici. La ragazza, una giovane albanese di 23 anni, all’epoca dei fatti, avrebbe accettato una bottiglia di troppo dal gruppo di uomini di cui faceva parte Robson de Souza Santos, in arte Robinho, 36 anni, brasiliano di Sao Vicente, ex attaccante del Milan.
Una volta ubriaca, a locale chiuso, il gruppo avrebbe abusato sessualmente della giovane per ore sino al mattino successivo quando la ragazza, alla meno peggio, si rendeva conto della terribile esperienza. Per questo motivo la Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado rinnovando la condanna a nove anni di carcere per violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza, avvenuta il 22 gennaio 2013, in una discoteca in zona Bicocca.
Pena confermata, sempre a 9 anni, anche per un amico del noto calciatore, Ricardo Falco. Gli altri quattro individui, coobbligati in solido, nel corso degli anni si sono resi irreperibili. Tutti e due gli imputati sono stati condannati a versare, solidalmente, 60 mila euro in favore della giovane vittima che, presente alla sentenza di secondo grado, è scoppiata in un pianto dirotto.
Per Robinho l’ulteriore conferma della condanna è costata la risoluzione del contratto professionale con la squadra brasiliana del Santos che aveva già annunciato il provvedimento in caso di conferma della sentenza di primo giudizio. Il collegio giudicante ha accolto nella sua interezza la richiesta della pubblica accusa, rappresentata dal procuratore generale Cuno Tarfusser, che in aula ha riassunto la vicenda argomentando in maniera chiara l’evolversi degli eventi delittuosi:
”…I fatti sono molto chiari – ha detto Tarfusser – la Corte non deve rischiare di cadere nella trappola che a forza di guardare l’albero non vede il bosco, ossia soffermarsi sui particolari e non guardare un quadro d’insieme che non lascia dubbi sulla colpevolezza…”.
La violenza di gruppo era stata consumata, secondo gli inquirenti, la notte fra il 22 e 23 novembre del 2013 dopo la chiusura del locale e quando la moglie di Robinho, Vivian Guglielmetti Junits, madre dei suoi due figli, era stata accompagnata a casa dal marito. Anche le amiche della ragazza, che aveva festeggiato nel noto piano bar milanese il suo ventitreesimo compleanno, erano andate via dunque i sei uomini e la giovane albanese erano rimasti da soli.
Il gruppo avrebbe offerto alla ragazza una grande quantità di superalcolici che l’avrebbero stordita e resa incapace di qualsiasi reazione di difesa. Una volta ubriaca al punto giusto ne avrebbero approfittato, a turno, all’interno di uno stanzino adibito a guardaroba. La giovane, vittima della violenza sessuale, pare conoscesse sia il calciatore che i suoi degni amici e non riteneva di essere in pericolo nonostante avesse bevuto molto.
Secondo la ricostruzione degli investigatori e a seguito di numerose intercettazioni telefoniche (nelle quali è emerso il disprezzo dei sei uomini nei riguardi della ragazza che veniva offesa e insultata in uno con palesi elementi di spregiudicatezza che convincevano gli imputati a passarla liscia) non ci sarebbe stato alcun dubbio sul capo di imputazione poiché intenzionalmente i sei balordi avrebbero costretto la ragazza a bere alcolici sino al punto da renderla incosciente ed incapace di reagire con una benché minima difesa dunque in condizioni di inferiorità psichica e fisica.
La difesa del calciatore, rappresentata dagli avvocati Alexander Guttieres, Franco Moretti e Marisa Alija, aveva presentato quattro consulenze di parte: una tossicologica, una linguistica per mettere in dubbio le traduzioni delle intercettazioni, una sulle foto di quella serata memorizzate in un cellulare e un dossier per dimostrare che la giovane vittima sarebbe stata un’etilista in fase acuta.
Le perizie, contestate dall’accusa per il ritardo con il quale sono state depositate, rappresenterebbero per Tarfusser un insulto alla vittima e non proverebbero nulla, nemmeno la presunta dimestichezza con l’alcol della vittima. Robinho era stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale il 28 gennaio del 2009 ma nell’aprile dello stesso anno era stato scagionato.
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