Mattarella emana il Dl Paesi sicuri: tutti gli scenari del caso Albania

Per l’esecutivo, il decreto sarebbe sufficiente per uscire dall’impasse. Viminale all’attacco con il ricorso alla sentenza sui trasferimenti.

Roma – Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha promulgato il decreto legge su migranti e Paesi sicuri che è stato approvato, lunedì, dal Consiglio dei ministri. Il testo, che prevede “disposizioni urgenti in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale”, sarà presentato alle Camere. La convinzione o meglio la speranza è che il decreto sui Paesi sicuri, approvato dal Cdm per uscire dall’impasse in cui la sentenza del Tribunale di Roma ha fatto precipitare il Memorandum con l’Albania, funzionerà: non esiste un piano B. Per il governo aver ‘esportato’ la lista dei Paesi sicuri in una norma primaria, inserendo l’elenco in un decreto ad hoc, è sufficiente a rimettere in carreggiata gli hotspot realizzati a Shengjin e Gjader.

Intanto rispunta la possibilità di inserire il ricorso in Corte d’Appello contro le ordinanze del Tribunale sul trattenimento dei migranti nei centri per il rimpatrio. Era uno dei punti chiave della “soluzione” che voleva Giorgia Meloni per evitare nuove ordinanze come quelle dei giudici di Roma sui migranti trattenuti nel Cpr in Albania, ma sembrava destinata a saltare quando il Consiglio dei ministri ha varato il decreto legge con cui l’indicazione dei Paesi sicuri per il rimpatrio diventa norma di primo grado. All’indomani della riunione, una fitta interlocuzione fra Palazzo Chigi, Viminale, ministero della Giustizia e Quirinale ha poi spalancato le porte del provvedimento alla norma, che non dovrebbe essere ostativa alla firma di Sergio Mattarella.

Mattarella promulga il Dl Paesi sicuri

Nel secondo articolo della bozza del decreto legge del governo, per il ministero dell’Interno, in merito ad eventuali decisioni sul mancato trattenimento dei migranti nei centri di permanenza per il rimpatrio, “è ammesso reclamo alla corte d’Appello nel termine di cinque giorni (…) da effettuarsi anche nei confronti della parte non costituita. La proposizione del reclamo non sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento reclamato. La corte d’appello, sentite le parti, decide con decreto immediatamente esecutivo, entro dieci giorni dalla presentazione del reclamo”. La bozza è composta di tre articoli. Il testo definitivo dovrebbe essere inviato a ore al Quirinale. Già si sta valutando la possibilità, una volta pubblicato in Gazzetta ufficiale, di traslare questo provvedimento sotto forma di emendamento al decreto sui flussi migratori, ora all’esame dell’Aula della Camera: anche su questo serviranno interlocuzioni.

Quel decreto, tra l’altro, ha a sua volta ripristinato il reclamo in Corte d’Appello (abolito nel 2017) contro i provvedimenti dei Tribunali distrettuali sulle richieste d’Asilo. Una scelta che “renderebbe assolutamente ingestibili i settori civili”, come hanno obiettato neanche dieci giorni fa i presidenti delle Corti d’Appello, sollevando criticità legate alla riduzione di organico dei loro uffici e allo “sconvolgimento” di “un assetto ormai consolidato che ha assicurato un’adeguata tutela dei diritti”. L’impugnazione in Appello comporta una rivalutazione della causa nel merito, e quindi – una delle osservazioni dietro la genesi della novità – ha più chance di ribaltare le ordinanze dei tribunali, a differenza di quella puramente di legittimità prevista dalla Cassazione. Che ora riceve questo genere di ricorsi, e dovrà affrontare anche quello attivato dal Viminale contro le ordinanze sui 12 migranti trasportati a Bari dopo la mancata convalida del trattenimento a Gjader per il rimpatrio.

Il centro di prima accoglienza allestito a Shengyin in Albania

A Palazzo Chigi sono stati fatti ragionamenti giuridici e politici, valutando l’impatto degli scenari. Già in Consiglio dei ministri era emersa la sensazione che toccare solo la lista dei Paesi sicuri rischiava di non bastare per cambiare il trend delle ordinanze. Fra le considerazioni, anche il timore che questa norma potesse apparire una forzatura difficile da far passare al vaglio del presidente della Repubblica. O accendere ulteriormente la tensione con il mondo della magistratura. Si è valutata anche la possibilità di accantonarla, e ripresentarla per via parlamentare sotto forma di emendamento durante l’esame tra Camera e Senato. Poi, però, è prevalsa l’intenzione di insistere subito. E, come è emerso non ha trovato controindicazioni particolari nel confronto fra gli uffici legislativi coinvolti.

Nel frattempo il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, nel question time spiega che l’attività di individuazione dei migranti eleggibili per le procedure di frontiera in Albania è “stata svolta, a bordo della prescelta nave hub della Marina Militare ‘Libra’, da un team di operatori costituito da 7 mediatori linguistico-culturali, da personale sanitario dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), nonché da un funzionario di polizia, coadiuvato da tre operatori e rappresentanti dell’Unhcr“.

Luca Ciriani con Giorgia Meloni

Le operazioni “sono state svolte dopo il salvataggio in acque internazionali di 79 migranti, dei quali solo 16 sono risultati in possesso dei requisiti per il trasferimento in Albania, sulla base del vademecum finalizzato alla rilevazione delle vulnerabilità elaborato dal ministero dell’Interno”, ha aggiunto. I migranti sono stati, pertanto, “sottoposti ad accurata visita medica da parte dei sanitari dell’Oim, nel pieno rispetto della loro privacy e intervistati individualmente, al fine di facilitare l’emersione di eventuali vulnerabilità, anche di natura psicologica – ha aggiunto -. Durante la navigazione, è stata garantita ai migranti sia l’assistenza sanitaria a cura del medico di bordo sia una dettagliata informativa, nelle lingue a loro comprensibili, sulle procedure applicate e sui loro diritti, anche grazie alla permanenza a bordo di tre mediatori linguistico-culturali dell’Oim. Ai migranti sono state, inoltre, fornite coperte termiche, pasti caldi preparati a bordo della nave che dispone di un hangar dove è stata allestita un’area attrezzata per il riposo e con servizi igienici”.

“Giunti in Albania, dopo il via libera sanitario rilasciato dal medico a bordo, i migranti sono stati sbarcati e avviati alle procedure di screening sanitario e di identificazione svolte presso l’hot spot – ha concluso Ciriani -. Durante questa fase, due cittadini del Bangladesh, contrariamente a quanto era emerso a bordo della ‘Libra’, si sono dichiarati minori degli anni 18. Altri due migranti egiziani, a seguito delle visite mediche effettuate, sono risultati non idonei alla vita in comunità ristretta, ciò confermando l’accuratezza dei controlli svolti. Per le predette ragioni, i 4 stranieri, assistiti da un mediatore dell’Oim, sono stati condotti in Italia e inseriti nel sistema di accoglienza”. E ancora, la “legge di ratifica del protocollo con l’Albania ha previsto gli stanziamenti necessari anche per le operazioni di trasporto dei migranti dalle acque internazionali al porto di Shengjin, ove ha sede la struttura con funzioni di hotspot”.

Il timore di un remake dello stop dei giudici è palpabile. A Palazzo Chigi e in tutti i ministeri interessati dal dossier. Un’ipotesi per ora scartata è quella di assegnare per legge a una struttura ad hoc della Farnesina il compito di stilare la lista dei Paesi sicuri. “Se il dl Paesi sicuri non dovesse funzionare – ragiona una fonte con l’Adnkronos – sarebbe del tutto inutile creare una struttura ad hoc alla Farnesina, perché è il meccanismo stesso che regola i rimpatri che verrebbe meno, altro che modello Albania…”.

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