L’Associazione Luca Coscioni chiarisce sui rischi in Italia: “Molto improbabile, con un’adeguata difesa, che si arrivi a una condanna”.
Roma – Due uomini di Arezzo sono ‘bloccati’ negli Stati Uniti dopo aver avuto un figlio attraverso la maternità surrogata, pratica che in Italia è diventata reato universale, dunque perseguibile anche se commesso all’estero. Ma le avvocate Filomena Gallo e Francesca Re dell’associazione Luca Coscioni chiariscono che “la ‘legge Varchi’, che estende la punibilità per i fatti commessi all’estero, in relazione al reato di surrogazione di maternità, già previsto dalla legge 40 del 2004, è entrata in vigore lo scorso 3 dicembre. Tale legge, in quanto legge penale, sarà applicabile solo ai fatti commessi successivamente alla sua entrata in vigore, questo in virtù del principio di irretroattività della legge penale”.
“Il principio di irretroattività è un principio costituzionale fondamentale – aggiungono – e deve essere applicato tenendo in considerazione l’ambito riproduttivo cui si riferisce. I percorsi di fecondazione assistita con gravidanza per altri iniziano con un accordo con le cliniche, con la formazione dell’embrione e con il trasferimento nell’utero della gestante dell’embrione stesso, e dunque almeno 9 mesi prima (come tutte le gravidanze) del parto. Questo significa, come affermato anche dalla maggiore dottrina penalistica, che il momento consumativo del reato non può certo essere il parto, bensì risale necessariamente all’avvio della gravidanza. Motivo per il quale tutte le gravidanze iniziate precedentemente al 3 dicembre scorso, a prescindere dalla data del parto, non possono rientrare nell’ambito di applicazione della legge Varchi”, affermano Gallo e Re, che non seguono la coppia.
“Questo non significa – concludono – che non verranno iniziati procedimenti penali in questi casi (i procedimenti penali venivano avviati anche prima della legge Varchi ma sempre archiviati), ma che è molto improbabile, con un’adeguata difesa, che si arrivi a una condanna. Le persone che hanno avviato una gravidanza per altri prima dell’entrata in vigore della legge Varchi non possono di certo abbandonare il bambino, magari per evitare una condanna: sarebbe una forma di istigazione a un reato ben peggiore di quello che si vorrebbe evitare”. La coppia gay si è recata in California per avere un figlio tramite la gestazione per altri diversi mesi fa. Allora la pratica era già fuori legge nel nostro Paese, ma solo lo scorso ottobre è diventata reato universale.
Se decidessero di rientrare, rischierebbero l’arresto con una pena fino a due anni di carcere, un processo e una multa da 600mila euro fino a un milione di euro. “Per questo ho consigliato ai miei assistiti di restare in California, perché non c’è la necessaria chiarezza su cosa succederebbe al loro rientro in Italia”, ha dichiarato all’Adnkronos l’avvocato Gianni Baldini del foro di Firenze. “Non è chiara, infatti, la procedura che scatterebbe in base alla nuova legge”. I due uomini, professionisti tra i 30 e i 40 anni, che abitano ad Arezzo, sono dipendenti di aziende multinazionali che consentono loro di lavorare da remoto, cosa che continuano a fare anche dalla California, dove a febbraio è nato il bambino che, spiega l’avvocato, “ha la cittadinanza americana in base allo ius soli”.
Dal 18 novembre scorso la legge sulla maternità surrogata è in vigore con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Il disegno di legge che fa della gestazione per altri un ‘reato universale’, punibile anche per chi ne fa ricorso all’estero, era stato approvato in via definitiva dal Senato 16 ottobre scorso. Una legge molto discussa e oggetto di numerose contestazioni politiche – e non solo, 50 coppie sarebbero pronte al ricorso – che stabilisce che realizzare, organizzare o pubblicizzare tali attività si configura come un delitto, punito con la reclusione da tre mesi a due anni e una multa da 600.000 a un milione di euro. In 66 fra Paesi e Stati la Gpa è regolamentata e permessa o nella forma solidale, ovvero altruistica e gratuita, o nella forma a pagamento. In certi casi è previsto il ricorso ad entrambe le forme e alcuni Paesi/Stati, pur legalizzandola, hanno imposto restrizioni come il ricorso esclusivo a coppie eterosessuali e a soggetti con gravi patologie. In altri, invece, viene riservata solo ai cittadini per evitare il cosiddetto “turismo procreativo”.
Tra i primi Paesi a disciplinare la maternità surrogata c’è stata la Georgia, che l’ha regolamentata fin dal 1992. Le pratiche, chiare, non restrittive e a costi anche accessibili, sono però soltanto a disposizione delle coppie eterosessuali. In Europa sono diversi i Paesi nei quali la maternità surrogata è legale: tra questi ci sono Danimarca, Belgio, Ungheria, Bulgaria e Paesi Bassi. In molti si tratta di una pratica “non retribuita” oppure “altruistica”.