In ultima analisi sarebbe estremamente disdicevole se i 9 milioni di mascherine donate al Bel Paese implicassero il silenzio-assenso sulle future politiche estere degli Emirati
Alle prime luci dell’alba dello scorso 6 aprile allo scalo merci dell’aeroporto di Fiumicino è arrivato un carico di mascherine, camici e ventilatori proveniente dagli Emirati Arabi. Ad accogliere il dono sanitario era presente il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, accompagnato dal suo entourage e da un folto numero di funzionari di polizia e finanzieri. Ai microfoni del programma televisivo Agorà il pentastellato della Farnesina si è mostrato entusiasta ed ha voluto ringraziare apertamente il governo di Abu Dhabi rinnovando l’amicizia che lega i due Stati:
“…Questo (gli Emirati Arabi ndr.) è uno dei tanti Paesi amici che ci sta mandando doni e aiuti – ha dichiarato Di Maio -. In altri casi stiamo provvedendo all’acquisto del materiale, ma ricordo che il problema vero è che l’Italia in questo momento ha bisogno di 100 milioni di mascherine al mese e 10 mila ventilatori polmonari e non riesce a soddisfare tale domanda con tramite la produzione interna…”.
Sebbene l’aiuto ricevuto dagli Emirati Arabi non possa che far piacere oltre che tirare un sospiro di sollievo, d’altra parte le possibili implicazioni geopolitiche future non ci consentono di essere completamente soddisfatti. Gli ultimi sviluppi del conflitto in Yemen necessitano di maggiori chiarimenti, soprattutto alla luce dei nuovi rapporti tra Teheran e Washington. Infatti, la repentina ritirata delle truppe di Abu Dhabi dalla crisi yemenita non può che essere spiegata dalla nuova politica scaturita dall’incontro del G8 dello scorso agosto tenuto a Biarritz. In ultima analisi, sarebbe estremamente disdicevole se i 9 milioni di mascherine donate al Bel Paese implicassero il silenzio-assenso sulle future politiche estere degli Emirati. La popolazione yemenita sta già pagando un prezzo troppo alto e sotto un inspiegabile quanto assordante silenzio internazionale.
Il ministro degli Esteri, però, si è detto estraneo a queste dinamiche, assicurando che la dimensione della cooperazione sanitaria internazionale non andrà a sovrapporsi a impegni e obblighi geopolitici:
“…La questione in merito al fatto che la geopolitica possa cambiare – assicura Di Maio – in relazione agli aiuti che stiamo ricevendo è un film solo italiano. Anche gli stessi americani hanno commissionato vari ventilatori alla Cina. Ma questo non vuol dire gli USA e la Cina diventeranno alleati. Noi in questo momento abbiamo ricevuto aiuti da tutti (…). Ma non è una questione di geopolitica…”.