Nel paradiso fiscale delle isole Bahamas: la lotta contro l’evasione svela un intricato percorso di denaro illecito.
Treviso – Le Fiamme Gialle del comando provinciale della città veneta hanno rintracciato alle isole Bahamas parte dei proventi dell’evasione fiscale realizzata da una società trevigiana, grazie all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, emesse da un soggetto giuridico di diritto maltese per circa 1,5 milioni di euro.
I due soci dell’impresa, pertanto, sono stati denunciati alla locale procura della Repubblica non solo per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni economiche fittizie, ma anche per il più grave reato di autoriciclaggio, atteso che parte dei proventi dell’evasione, pari a circa 285mila euro, su un ammontare di risparmio d’imposte pari a 700mila euro, è stata rintracciata in due distinti conti correnti, intestati a nomi di fantasia, che i due indagati avevano aperto nelle isole caraibiche.
Il giudice per le indagini preliminari, alla luce del grave quadro indiziario acquisito dai finanzieri, con l’ausilio del II reparto del Comando generale della Guardia di Finanza, competente per i rapporti con l’estero, ha disposto il sequestro preventivo per equivalente dei proventi illeciti riciclati all’estero.
Il provvedimento è stato immediatamente eseguito dalle Fiamme gialle, che hanno cautelato disponibilità finanziarie riconducibili ai due imprenditori, detenute in conti correnti nazionali, per 285 mila euro, pari al provento del reato di autoriciclaggio.
Le indagini hanno preso le mosse da una verifica fiscale nei confronti di una società attiva nel commercio di software e applicativi informatici. Nonostante l’apparente regolarità della contabilità, a insospettire i finanzieri sono stati i rapporti commerciali con un’azienda maltese, a sua volta partecipata da una società con sede in Liechtenstein, che aveva emesso, nei confronti della società trevigiana, fatture per 1,5 milioni di euro, per l’utilizzo di un software di cui l’impresa maltese sarebbe stata licenziataria.
Grazie alla cooperazione internazionale, si è scoperto che il pagamento delle fatture era avvenuto prevalentemente con bonifici su un conto corrente acceso in Repubblica Ceca; da qui il denaro, attraverso una fiduciaria, era transitato a Dubai, negli Emirati Arabi, e, infine, riaccreditato, per 285 mila euro, su due conti di una banca delle Bahamas, territorio qualificato come “paradiso fiscale”, che però, a decorrere dal 2019, collabora con l’Italia e favorisce lo scambio delle informazioni, come è avvenuto in questo caso.