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L’Italia? Una frana: 5,5 miliardi spesi in 13 anni, ma il dissesto idrogeologico peggiora

Frane, alluvioni e smottamenti sempre più frequenti: il caso dell’Appennino modenese riaccende l’allarme. Dal 2010 centinaia di interventi finanziati, ma il territorio resta fragile. Perché?

L’Italia ha una struttura idrogeologica così fragile che alla prima pioggia frana tutto. Ma non è colpa del destino cinico e baro. Negli ultimi 13 anni sono stati investiti 5,5 miliardi di euro, ma il fenomeno continua a persistere. Sembra che non siano serviti a niente o a molto poco, perché il dissesto idrogeologico del nostro territorio deve soddisfare due condizioni fondamentali: una gestione efficiente e una sana amministrazione, che pare essere latitanti.

Inoltre, il fenomeno è inasprito da troppa frammentarietà amministrativa, da una diffusione urbanistica senza controllo e dalle conseguenze del cambiamento climatico. L’ultimo caso, salito alla ribalta della cronaca, riguarda il territorio dell’Appennino modenese, precisamente i paesi di Boccassuolo e Palagano, da inizio di aprile minacciati da una frana che si muove di circa 30 metri al giorno. Le forti piogge hanno provocato lo smottamento di tre milioni di metri cubi di terreno verso valle, danneggiando infrastrutture, case e strade con i prevedibili disagi per chi ci vive.

Dal 2010 i vari governi succedutisi hanno erogato 3401 contributi per il dissesto idrogeologico. Ma l’emergenza persiste.

ll presidente della Regione, Michele de Pascale, ha firmato lo stato di crisi regionale, che permette di attivare tutte le competenti strutture regionali per i provvedimenti urgenti che si dovessero rendere necessari al fine della gestione e il superamento dell’emergenza, oltre a garantire un diretto supporto agli Enti locali colpiti.

Eppure dal 2010 i vari governi succedutisi hanno erogato 3401 contributi per il dissesto idrogeologico. Il 66% di questi interventi è stato concluso per un valore pari ad oltre 2 miliardi di euro, mentre 500 cantieri sono ancora aperti, per un costo di 1,4 miliardi. Si potrebbe pensare che questi ingenti impegni avrebbero dovuto portare a qualche miglioramento.

alluvione
Auto sommerse durante una delle alluvioni in Emilia Romagna

Ed invece la cruda realtà racconta altro, ossia che la superficie ad alta pericolosità franosa è aumentata del 3,8%, mentre il territorio a rischio idraulico del 18,9%. Inoltre, secondo i dati diffusi dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, il 93,9% dei comuni nazionali è a rischio idrogeologico e riguarda 1,3 milioni di persone per le frane e 6,8 milioni per l’alluvione.

Gli esperti ritengono che il fenomeno è dovuto, sostanzialmente, a tre fattori. Il primo è il mutamento climatico, diventato origine e causa di tutte le avversità. Gli eventi meteorologici estremi, improvvisi e intensi, come alluvioni e piogge torrenziali a tutte le stagioni, si stanno riversando su territori, di per sé, indeboliti.

In secondo luogo la mancanza di suolo. L’urbanizzazione selvaggia del secondo dopoguerra è passata dal 2,7 al 7% ed è continuata negli anni senza una pianificazione rispettosa dei rischi ambientali. Intere città e quartieri sono stati costruiti ai piedi di colline, montagne o vicino al mare, col pericolo che qualunque pioggia intensa potesse essere devastante. Le inefficienze amministrative non fanno altro che aggravare un fenomeno già complicato di suo. A quando una vera riforma strutturale, o dobbiamo aspettare, se ne avremo la possibilità, il prossimo disastro con relativi danni e morti?

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