RFS sostiene che il lavoro dei giornalisti nel Belpaese continua ad essere minacciato dalle mafie, soprattutto al Sud, e da gruppi estremisti.
Roma – La classifica annuale di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa mostra una fotografia impietosa dell’Italia, che si piazza ben al 46esimo posto. Il rapporto, diffuso nella Giornata mondiale dedicata proprio alla libertà di stampa, analizza 180 Paesi in base alla capacità dei giornalisti di lavorare liberamente e in modo indipendente. “Buono” il giudizio sui paesi UE. Norvegia, Danimarca e Svezia ai primi tre posti, mentre il nostro Paese sprofonda nel baratro della non libertà. La premessa è che in tutto il mondo la libertà di stampa è minacciata proprio da coloro che dovrebbero esserne garanti: le autorità politiche.
Una circostanza che emerge chiaramente dall’ultimo indice annuale di RSF: cinque gli indicatori utilizzati per stilare la classifica, ed è quello politico a subire il calo maggiore, registrando un calo medio globale di 7,6 punti. Ebbene, i governi non riescono a proteggere il giornalismo: un numero crescente autorità politiche – secondo il report – non stanno adempiendo al proprio ruolo di garanti per il giornalismo e del diritto del pubblico a notizie e informazioni affidabili, indipendenti e diversificate. RSF vede un preoccupante calo del sostegno e del rispetto per l’autonomia dei media e un aumento della pressione da parte dello Stato o di altri attori politici.
RFS sostiene che la libertà di stampa in Italia, scesa dal 41° al 46° posto, continua ad essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, soprattutto nel sud del Paese, nonché da vari piccoli gruppi estremisti violenti. I giornalisti denunciano anche i tentativi da parte dei politici di ostacolare la loro libertà di coprire i casi giudiziari attraverso una “legge bavaglio”. Nel 2023 l’Italia aveva recuperato 17 posizioni rispetto al 2022, quando si era classificata al 58mo posto. RSF cita il caso della possibile vendita dell’agenzia di stampa AGI al gruppo Angelucci.
Secondo Anne Bocandé, direttrice editoriale della RSF, mentre più della metà della popolazione mondiale si recherà alle urne nel 2024, la tendenza preoccupante rivelata dal World Press Freedom Index 2024 è il calo dell’indicatore politico, uno dei cinque indicatori dettagliati nell’indice. Gli stati e le forze politiche stanno svolgendo un ruolo sempre minore nella protezione della libertà di stampa. Questa perdita di potere a volte va di pari passo con azioni più ostili che minano il ruolo dei giornalisti o addirittura strumentalizzano i media attraverso campagne di molestie o disinformazione.
A livello internazionale, quest’anno è degno di nota per una chiara mancanza di volontà politica da parte della comunità internazionale di far rispettare i principi di protezione dei giornalisti, in particolare la Risoluzione 2222 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La guerra a Gaza è stata segnata da un numero record di di violazioni contro giornalisti e media dall’ottobre 2023. Più di 100 reporter palestinesi sono stati uccisi dalle forze di difesa israeliane, di cui almeno 22 nel corso del loro lavoro.
Secondo il rapporto di RSF però fortunatamente la libertà di stampa nei paesi dell’Unione europea è “buona”; la UE ha adottato infatti la sua prima legge sulla libertà dei media (EMFA). L’Irlanda è uscita dai primi tre paesi dell’Indice, sostituita dalla Svezia, mentre la Germania è ora uno dei primi dieci paesi. La libertà di stampa viene tuttavia messa a dura prova in Ungheria , Malta e Grecia, i tre paesi Ue con la classifica più bassa.