Dopo quattro anni di detenzione e una condanna a 19 anni per riciclaggio, la Corte d’Appello assolve il 59enne abruzzese. La Farnesina lavora al rientro in Italia: “Gravi le sue condizioni di salute”.
Assoluzione con formula piena e immediata liberazione. È questo l’epilogo, tanto atteso quanto sofferto, della vicenda giudiziaria di Carlo D’Attanasio, 59enne velista originario dell’Abruzzo, detenuto da quattro anni in Papua Nuova Guinea con l’accusa di riciclaggio di denaro.
La notizia è stata ufficializzata dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha ringraziato l’unità di crisi della Farnesina, l’ambasciatore Paolo Crudele e il sottosegretario Giorgio Silli per l’impegno diplomatico costante.
“Sono stato informato nella notte dell’assoluzione di Carlo D’Attanasio. La Corte d’Appello ne ha disposto l’immediata liberazione”, ha annunciato Tajani nel corso di un punto stampa. Il ministero degli Esteri aveva seguito il caso con attenzione sin dall’inizio, sottolineando come D’Attanasio fosse stato condannato in primo grado a 19 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute: il connazionale è infatti affetto da una malattia oncologica al quarto stadio e attualmente si trova ricoverato in ospedale a Port Moresby, capitale del Paese.
A commentare con emozione la sentenza è l’avvocato Mario Antinucci, legale del velista: “Carlo è tornato a vivere. La sua assoluzione con formula piena brilla come la stella più alta nel cielo del suo firmamento. Ma le sue condizioni restano critiche: dobbiamo aiutarlo tutti per farlo rientrare in Italia e garantirgli cure adeguate”.
Antinucci ha spiegato che si è messo a disposizione per accompagnare D’Attanasio nel viaggio di ritorno, previsto con scalo a Singapore, non appena saranno espletate le procedure necessarie. Ha inoltre denunciato le pressioni ricevute dal sistema giudiziario locale: “Alcuni esponenti della politica della Papua Nuova Guinea avevano annunciato una deportazione imminente, creando un clima ostile e poco trasparente. Ma la giustizia ha prevalso”.
Fondamentale, nel lungo percorso per la liberazione di D’Attanasio, è stato anche l’impegno di Carola Profeta, esponente politica pescarese e sua amica personale. “Il suo era un caso di diritti umani, la malattia che lo affligge non può essere curata lì. Nel novembre 2023 lanciai un appello pubblico. Poi arrivò la svolta, quando durante la visita di Papa Francesco in Papua Nuova Guinea un altro italiano raccontò al Santo Padre la storia di Carlo”.
Profeta ha ricordato anche il coraggio del connazionale: “Avrebbe potuto chiedere il rientro per motivi umanitari, ma ciò avrebbe comportato il mantenimento della condanna in primo grado. Invece ha scelto di lottare, di rischiare, e oggi può tornare a casa da uomo libero”.
Il rientro in Italia dovrebbe avvenire nelle prossime ore, una volta depositata formalmente la sentenza. Intanto la Farnesina e l’Ambasciata sono al lavoro per garantire un rimpatrio sicuro e medicalmente assistito. La vicenda di Carlo D’Attanasio, al di là dei suoi risvolti giudiziari, resta il simbolo di una battaglia per la verità e per la dignità umana.