Le relazioni medico-legali ipotizzano che fosse nato vivo. Si aggrava la situazione di Chiara Petrolini: la 21enne è ai domiciliari, ma il Riesame ha disposto il carcere.
PARMA – Il primo figlio di Chiara Petrolini, la baby-sitter e studentessa universitaria di 21 anni accusata di infanticidio premeditato e occultamento di cadavere, sarebbe nato vivo e cosi potrebbe essere stato seppellito. Il grave particolare sarebbe emerso dalle relazioni medico-legali depositate dai consulenti nominati dalla Procura parmense. Dunque l’ipotesi accusatoria è quella che la madre snaturata avrebbe ucciso il primogenito con le proprie mani prima di seppellirlo, forse ancora vivo, in giardino. ”È del tutto prospettabile che non sia morto prima del parto” scrivono sul referto Valentina Bugelli, medico legale, e Francesca Magli, antropologa forense, dietro richiesta degli inquirenti che intendono capire se il primo neonato, le cui ossa vennero rinvenute il 7 settembre scorso nell’aiuola di casa della presunta assassina, fosse ancora vivo il 12 maggio del 2023, al momento del parto. Alla luce degli ultimi accadimenti dunque la posizione giudiziaria di Chiara Petrolini potrebbe aggravarsi ulteriormente con una probabile accusa di duplice infanticidio e soppressione di cadaveri.
Il primo dei due bimbi sepolti nel giardino della villa di Vignale di Traversetolo, nel Parmense, poi dissequestrata un paio di settimane fa, sarebbe nato vivo e ucciso in un secondo momento. Un’ipotesi questa ipotizzata fin dalle prime fasi dell’inchiesta dal procuratore Alfonso D’Avino e dalla Pm Francesca Arienti. Gli esperti, per giungere alle loro conclusioni, si sono basati sulla misurazione delle ossa che erano risultate compatibili con quelle di un neonato di almeno 40 settimane. Poi la presenza di piccole formazioni dentali avrebbero convinto i consulenti a formulare l’ipotesi che il piccolo fosse già venuto alla luce quando la madre, come dichiarato da lei stessa durante l’interrogatorio dello scorso 10 settembre, lo avrebbe gettato in giardino dopo ”averlo scosso” per poi accorgersi che ”non respirava”.
Una delle tante menzogne riferita da Chiara Petrolini sia agli inquirenti che ai genitori disperati. Le relazioni sulla causa della morte infatti confermano quanto anticipato subito dopo l’autopsia: “Shock emorragico da recisione del cordone ombelicale in assenza di un’adeguata costrizione meccanica dei vasi ombelicali”. La ragazza, durante gli interrogatori, aveva fatto agli investigatori diverse dichiarazioni scioccanti specie quando questi le avevano chiesto il perché se ne fosse andata dall’estetista e la sera a ballare dopo avere seppellito in giardino il secondogenito: ”L’ho fatto perché stavo bene – aveva risposto la ragazza – dunque mi andava di uscire”. E alla madre che le aveva chiesto “Come hai potuto fare una cosa simile?”, Chiara Petrolini aveva risposto con poche, agghiaccianti parole: ”Come hai fatto te a partorirmi”.
La studentessa, difesa dall’avvocato Nicola Tria, si trova ai domiciliari dal 20 settembre scorso nonostante il tribunale del Riesame ne abbia disposto la carcerazione. Il difensore dell’indagata ha proposto opposizione per Cassazione dunque i giudici di piazza della Repubblica decideranno sulla richiesta entro trenta giorni. In buona sostanza ogni asserzione fatta dall’indagata agli inquirenti si sarebbe trasformata in falsità. Petrolini aveva raccontato che il primo “bambino non era nato vivo, quindi l’ho sepolto nel mio giardino, avvolgendolo con una salvietta”. Sul secondo la madre degenere aveva detto di avergli scavato la fossa da sola e in dieci minuti. Ma il resoconto della ragazza si faceva via via più contorto e meno credibile:
”Mi avevate chiesto se avevo già partorito in passato e ho risposto di no – aveva asserito Petrolini – In realtà sì. Un anno e mezzo fa…Non avevo detto niente a nessuno perché era un periodo un po’ pesante per la mia famiglia e poi perché avevo sempre paura del giudizio della mia famiglia e delle persone”.
L’avvocato Nicola Tria attende l’esito della perizia psichiatrica per verificare se la propria assistita sia o meno afflitta da disturbi della personalità. Sull’indagata la Procura di Parma riassume un profilo criminale inquietante:
“Estrema lucidità. Inusitata freddezza esecutiva. Sconcertante assenza di scrupoli o remore – si legge in una nota – Apparente mancanza di qualunque ripensamento, oltre che di sfrontatezza. Inaffidabilità totale nelle relazioni personali anche più intime. Eccezionali capacità sia di nascondimento dei propri misfatti sia di mistificazione e dissimulazione. Mancanza di partecipazione e di compassione”. L’inchiesta continua.