Da una parte i conservatori a Subiaco, dall’altra Identità e democrazia a Roma. Salvini e il premier divisi sul futuro dell’Ue.
Roma – Da una parte, i conservatori europei riuniti in summit a Subiaco, nella culla laziale del cristianesimo europeo, nel fortino di Francesco Lollobrigida e nel solco del dettame benedettino. Dall’altra “Wind of Changes” del gruppo europeo di Identità e democrazia, in programma domani a Roma, con il leader della Lega Matteo Salvini. Le due anime europee interne al governo sono una spina nel fianco per il premier Giorgia Meloni, che si trova letteralmente a un bivio sulle scelte da compiere in chiave internazionale.
Nel tran-tran della campagna elettorale, il partito europeo Ecr, di cui fa parte Fratelli d’Italia, in quel di Subiaco ha messo nero su bianco i principi per l’Europa del domani, “quella a guida centrodestra”. Addio maggioranza Ursula? “Addio a com’è stata concepita una maggioranza. Noi non abbiamo nulla di personale
contro la persona von der Leyen. Noi siamo contro la Commissione dei cinque anni passati. – ha detto l’eurodeputato ed esponente di FdI, Nicola Procaccini – Il vento è cambiato, in maniera impetuosa” e la storia del governo Ue è già scritta.
“La prossima Commissione europea già sappiamo che indipendentemente dal risultato delle elezioni, sarà di centrodestra“. Un’identità europea che riparte dalle radici cristiane. Questo è il senso della carta dei valori conservatori firmata alla convention dai parlamentari Ecr. Dodici punti in cui si rimarca l’importanza della famiglia tradizionale, contro la teoria di genere, e che afferma “il ruolo della fede e della morale nella formazione di una società giusta”. Il confronto è avvenuto tra gli eurodeputati del gruppo provenienti da tutta Europa: Croazia, Francia, Lettonia, Polonia e Spagna. Oltre al copresidente di Ecr Procaccini, tra i presenti il capo delegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo Carlo Fidanza.
Non tutti però nell’Ecr guardano nella stessa direzione: qualche frizione è arrivata dai ‘fratelli’ europei di FdI, su Marine Le Pen e Viktor Orban. Dai polacchi del Pis, passando per i francesi conservatori e gli estemisti di Vox, la reazione è molto più che tiepida nel voler completamente spalancare le porte all’Ungheria, così come a Le Pen, con gli spagnoli che hanno frenato anche su una rielezione di Ursula von der Leyen. Sulle grane tra alleati, FdI rimanda lo scontro, e tenta di mantenere sobrietà. Un messaggio da FdI e Ecr a Salvini e Le Pen? “Noi mandiamo un messaggio ai cittadini. L’Europa dopo il 9 giugno sceglierà come muoversi. Per noi è fallito il progetto di alleanza tra la sinistra e il partito popolare”, le parole del ministro Lollobrigida.
Interviene anche la presidente Roberta Metsola, con un videomessaggio: “L’incertezza imperversa sull’ Ue, San Benedetto ha dato spunto per un modello europeo da cui trarre ispirazione. San Bendetto, antesignano del progetto europeo”. E se c’è qualcuno che ha una predilezione particolare per i santi, quello è Matteo Salvini (proverbiali i suoi comizi e le sue comparse social con il rosario).
Il leader della Lega, a chi lo provoca sul fatto che l’evento “Wind of Changes” del gruppo europeo di Identità e democrazia, in programma domani a Roma sarà un fiasco, replica: “Se deve ritenersi un flop un evento che porta gente da Lisbona, Parigi, Vienna, Bruxelles e Washington per parlare di lavoro e di futuro… Degli altri non ho notizie, se non i ritiri di due giorni nelle spa. Ecco, noi ai ritiri nelle spa, al superlusso, preferiamo una mezza giornata di lavoro”.
Quelle provocazioni sul flop sono “ricostruzioni fantasy”, fa notare Salvini, e tutte le assenze illustri – dal
governatore del Veneto Luca Zaia a quella dell’Umbria Donatella Tesei – sono giustificate “ci mancherebbe altro”, assicura il vicepremier. Agli studios di via Tiburtina, è sicuro, non ci saranno sedie vuote: “Abbiamo alcune decine di migliaia di rappresentanti politici e istituzionali. Abbiamo dovuto chiudere le iscrizioni perché non ci sta più gente. Oltre 1.500 persone non ci stanno”. Parlerà il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, l’astro nascente della destra estrema portoghese André Ventura, leader del partito Chega, Marine Le Pen ha registrato un video messaggio “che abbiamo visto ed è di grande impatto”. Ma non sarà una “internazionale nera” come dice qualcuno: “Ci saranno 1.500 persone pacifiche, tranquille, sorridenti, determinate”.
Sarà presente anche una delegazione del partito repubblicano Usa. Salvini non perde l’occasione per ribadire che tifa per Donald Trump: “Le elezioni americane di novembre saranno fondamentali per l’equilibrio e lo sviluppo futuro. Spero con tutto me stesso che vincano i repubblicani. I periodi bellici corrispondono a certi cicli amministrativi, i periodi di pace ad altri”. E non si lascia sfuggire una battuta sulle recenti polemiche sulle presidenziali russe: “Il popolo è sovrano anche se non lo dico più perché sennò qualcuno si offende”. Appare scontato il riferimento ad Antonio Tajani e Giorgia Meloni. Ma la premier “è un’amica, l’ho abbracciata ieri alla Camera perché è un’amica”.
Al di là delle ricostruzioni, però, la distanza tra Salvini e Meloni sul futuro dell’Ue è innegabile. Il leader
della Lega ribadisce che “l’obiettivo del Carroccio è arrivare al minimo in doppia cifra alle elezioni europee per essere determinanti nel Parlamento Ue, avere la maggioranza senza socialisti, cosa mai accaduta nella storia. Sarebbe impensabile votare Ursula von der Leyen che tanti problemi ha comportato”. Il sostegno alla presidente della Commissione uscente potrebbe quindi portare Meloni a spaccare il suo partito sebbene in FdI facciano una netta divisione tra il voto per il capo dell’esecutivo europeo e l’essere in una maggioranza per l’intera legislatura. Ma la domanda, tra i meloniani, ormai circola da giorni: von der Leyen è davvero il cavallo vincente?